Un tempo venivano pagati quattro soldi e facevano parte della schiera di uomini comuni che si guadagnano onestamente quello che serve per sbarcare il lunario, di uomini appassionati di un gioco bello e puro, che sembra essere nel DNA dei ragazzini non appena hanno le facoltà per potere tirare calci ad un pallone. Poi, con il passare del tempo sono arrivati gli sponsor, gli ingaggi milionari, le pubblicità e di conseguenza le belle donne e il gossip.
Questo essere costantemente sottoposti ad una forte esposizione mediatica, ha portato i calciatori della nostra generazione, più che ad una passione, ad una vera ossessione per il look e per la moda. Che se qualche tempo fa si distinguevano per una certa eleganza (ci vengono in mente nomi del calibro di Gianluca Vialli o Billy Costacurta), oggi, non sappiamo ancora per quale strana congiuntura astrale, hanno deciso di virare per uno stile supegriffato sì, ma anche supercafone.
A parte gli abiti (pantaloni con il cavallo bassissimo, T-shirt sbrindellate o in alternativa superaderenti con strass e cristalli applicati e stampe improbabili, giubbotti di pelle da biker), sono gli accessori “a fare la differenza”: cappellini da baseball, orecchini di diamante in bella vista, collane in oro giallo con tanto di crocifissi attaccati o piastrine militari e sneakers eccentriche, ai limiti dell’improbabile.
Senza considerare, poi, la passione per i tatuaggi a go-go e per le acconciature strampalate che fissano poi con gel e gommina a profusione. Onde stare sicuri che non si muova un pelo dell’opera d’arte fatta dai loro barbieri/parrucchieri. Che poi, a pensarci bene, il loro stile – seguito pedissequamente, ahinoi, dai loro innumerevoli estimatori – è testimonianza del decadimento generale del costume della nostra epoca. Un’epoca che premia sempre l’eccesso, che non ama la sobrietà e l’eleganza perché la vede come antiquata e desueta.
Il loro look, ma soprattutto il loro modo di vivere, ha dato di che disquisire sia fuori che dentro il mondo della moda, tant’è vero che Tricarico, poco prima dell’inizio dei Mondiali di calcio in Brasile, ha dedicato loro una canzone dal titolo “E’ di moda“, che se vogliamo possiamo anche definire un’invettiva post-realista, dai toni poco lusinghieri in cui li etichetta come degli stupidotti «che non sanno neanche parlare» e che «dettano legge» con «le loro braghette corte» e «guadagnano i milioni». Avrà esagerato?
Pinella PETRONIO