“Non essere ridicola, Andrea! Tutti vogliono questa vita. Tutti vogliono essere noi”, diceva Miranda Priesley, alias Meryl Streep, alla sua giovane assistente Andrea (Anne Hathaway) aspirante giornalista nel film Il diavolo veste Prada. Mai parole furono più veritiere. Se un tempo le giovani adolescenti sognavano di fare le ballerine, oggi, invece, sognano di fare le giornaliste di moda. Individuare i motivi per cui orde di ragazzine sognano una carriera nel mondo del giornalismo di moda non è tanto difficile.
A contribuire alla gestazione del sogno sicuramente c’è il film che abbiamo citato sopra: libero accesso al guardaroba per gli shooting, fiumi di vestiti Chanel, di Jimmy Choo, di piegaciglia Shu Uemura, di borse Prada, feste esclusive, champagne, viaggi a Parigi, piogge di regali da parte dei designer. Altro grave danno hanno contribuito a farlo Sex And The City e Gossip Girl, che hanno fatto conoscere a milioni di donne solo ed esclusivamente il lato frizzi e lazzi della moda.
Con gli occhi pieni di scintillio, non si può biasimare queste giovani ragazze affamate del solo aspetto glamour e vivificante di un mondo patinato che, in realtà, è ben altro che questo. In primis nelle redazioni delle riviste non si possono prendere e indossare tutti i capi e gli accessori che si vuole. Anzi, non se ne può prendere e indossare nessuno. I regali dei designer non arrivano a tutte le giornaliste di una redazione, ma solo a chi la rivista la dirige e a chi sta subito dopo la direzione, o arrivano comunque dopo anni e anni di collaborazione, quando si viene a creare con l’ufficio stampa un rapporto che, certamente non possiamo definire di amicizia, ma sicuramente di fiducia sì.
E poi è vero che ci sono le feste super glamour, ma anche in questo caso, non tutte le giornaliste vengono invitate. E spesso capita che anche se avete in mano l’invito per un party esclusivo, non potete andare perché c’è l’allegato X del giornale Tal dei Tali che deve chiudere; così mentre tutti si divertono e postano foto su instagram, si rimane fino a mezzanotte sedute alla scrivania, in attesa che arrivino le cianografiche per dare l’ok agli stampatori.
A dirvela tutta sono più le volte che si sta in redazione incollate al pc, a chiudere giornali, a scrivere fino a tarda notta le review delle sfilate che devono essere subito mandate online, a programmare e pianificare, che quelle in cui si ha la possibilità di presenziare ad eventi cool. Non vogliamo scoraggiare nessuno, anzi. Ma quello che vogliamo farvi vedere è che dietro il glam scintillante si nasconde una vita fatta di sacrifici, di nottate, di lotte con l’ufficio stampa per un accredito alla sfilata, di dita che fanno male per il troppo scrivere e di testa che scoppia per il troppo pensare ad idea che possano essere efficaci e accattivanti, per non scadere nella banalità.
Qualcuno direbbe che “non è mica come lavorare in miniera“. Vero, anzi verissimo. Chi lavora nel mondo della moda ha la possibilità di accedere al sogno, di vedere con i propri occhi le meravigliose creazioni partorite dalle menti geniali dei più illustri stilisti di tutto il mondo.
Il problema è, però, arrivarci a queste fantomatiche redazioni. Si fa fatica, eccome se si fa fatica. Perché è un mondo ancora troppo elitario e chiuso, che spesso premia un nome e non il talento. Bisogna che queste giovani aspiranti Anna Wintour sappiano quanto costa inseguire il sogno, quanto bisogna studiare (sì perché per fare la giornalista di moda non basta essere shopping addicted, bisogna riconoscere i tessuti e la storia della moda), quanta terra (di chi cerca con ogni mezzo lecito e illecito di farsi avanti) bisogna ingoiare, quante gomitate e pugnalate alle spalle da parte di esimi colleghi incassare. Se vi sentite pronte a sopportare tutto questo, allora sì. Vuol dire che la vostra è veramente passione e non mero capriccio. Lottate per realizzare il sogno.
Pinella PETRONIO