Sono passati 50 anni da quando Audrey Hepburn, o meglio il suo alter ego, la svampita Holly Golightly, cantava “Moon River” appollaiata sotto la finestra di George Peppard. “Colazione da Tiffany” spegne 50 candeline, e Roma decide di rendere oMay all’icona del cinema classico hollywoodiano con una mostra “Audrey a Roma”, che aprirà il prossimo 26 ottobre al Museo dell’Ara Pacis.
Scatti inediti, immagini dal set e oggetti personali che ripercorrono gli anni romani dell’attrice. Dalle riprese di “Vacanze romane “ nel 1954 a “Guerra e pace” e “La storia di una monaca”, ma anche frammenti di vita quotidiana dell’attrice per i vicoli della capitale, insieme al secondo marito, lo psicanalista italiano Andrea Dotti, che aveva sposato nel 1969 dopo il naufragio del matrimonio con l’attore Mel Ferrer. Ed è proprio Luca, il figlio nato dalla loro unione durata 13 anni, ad avere curato la progettazione e realizzazione dell’esposizione.
Una donna, tre vite. Audrey mamma, icona del cinema ma soprattutto ambasciatrice Unicef. Una speciale sezione della mostra, il cui ricavato verrà devoluto all’Unicef, è dedicata ai viaggi dell’attrice nelle zone più critiche del Pianeta. Dal Vietnam al Sudan, dal Bangladesh all’Etiopia, fino all’America Latina e alla Somalia, dove, nel 1992, Audrey accusò i primi sintomi della malattia che la spense l’anno successivo.
Ma il volto di Audrey è da sempre sinonimo di moda. Chi non ricorda il meraviglioso abito bianco di Givenchy indossato in “Sabrina”? Ecco allora spuntare tra le sale della mostra le creazioni che le grandi firme del fashion hanno disegnato per il suo esile corpo: primo fra tutti Hubert de Givenchy, che, incantato dalla bellezza di Audrey, per lei aveva realizzato il profumo “L’interdit”.
La mostra resterà aperta fino al prossimo 4 dicembre. E se temete di non riconoscere il volto inedito della Hepburn tra i quasi 50 scatti, basterà ricordarsi quello che Audrey suggeriva in “Sabrina”: “Se non mi riconoscerai, ricordati che sarò la ragazza più sofisticata di tutta la stazione”.
Alessia Casiraghi