di Enrico MASSERINI e Davide MAPELLI
La storia è nota, ma vale la pena ricordarla: negli Anni ‘70, sull’onda di una voglia di libertà conclamata, il mondo si libera da schemi ritenuti superati per abbracciare la cultura e la filosofia moderna e leggera ereditata dagli Anni ’60.
In questo turbine di rinnovamento, la secolare cultura orologiera elvetica viene dimenticata e i produttori orientali creano il mito dell’orologio nuovo: il quarzo digitale.
Passata la “sbornia” modernista, gli Anni ’80 recuperano i valori tradizionali in fatto di stile e il mondo si ricorda di quello che è stato.
L’orologio meccanico, che passione! Ecco la magia che risorge. Ma chi, se non il popolo latino, italiano in particolare, sempre attento al bello e al gusto equilibrato e sobrio, poteva rilanciare il mondo all’orologio col “tic”?
Il fenomeno più vistoso ed eclatante del risorgimento è stato, più nell’idea che nel prodotto, Swatch, una miscela esplosiva di tradizione svizzera materializzata in un desiderio tutto italiano di stile che ha conquistato il mondo, è divenuto un’icona, un ideale di massa che è stato superato solamente in tempi recenti da smartphone e tablet.
Sotto l’influenza forte e autorevole dei distributori e degli italici negozianti, si attua la rinascita di quest’arte indirizzando le manifatture svizzere nelle scelte, contagiando in breve le vicine nazioni europee quali Germania e Francia, per poi sbarcare sui mercati d’oltreoceano, fino al lontano Estremo Oriente.
A 30 anni di distanza, anni che in realtà sembrano un secolo, il mercato dell’orologio di pregio viene guidato ancora dal gusto europeo, con quote stabili di appassionati, come pure gli USA e il Giappone, in grado di fornire lo zoccolo duro e sicuro per l’industria elvetica dell’orologio.
I nuovi mercati in forte espansione sono però la Cina, ormai lanciata come una locomotiva inarrestabile alla scalata dello status di Paese ricco, i Paesi mediorientali con le loro favolose e impensabili disponibilità economiche, passando attraverso la non troppo lontana Russia, impegnata a rincorrere il suo glorioso passato di potenza, e la rinnovata Turchia cosmopolita.
E che cosa cerca l’appassionato di tutto il mondo? Da anni è ormai consolidata la voglia di segnatempo di grandi dimensioni, il culto dell’acciaio affiancato dai nuovi materiali (ceramica, titanio, PVD, DLC), la richiesta di movimenti di manifattura e, su tutto, le grandi firme storiche come Patek Philippe, Rolex, Audemars Piguet, IWC ecc.
Perché, in fondo, l’orologio è parte di noi e vogliamo che duri per sempre, ma la certezza viene solo dalla tradizione costruita e consolidata nei secoli con un lavoro continuo e incessante tipico solo dei grandi marchi.
In un periodo tormentato come quello attuale, dove le borse telematiche di tutto il mondo impazziscono a ogni minimo sussurro, la bella orologeria viene vissuta come rifugio attraverso cui stabilizzare il valore del denaro, in altre parole un investimento. Un investimento sicuro e garantito attraverso serie speciali a produzione limitatissima, materiali esclusivi, design che resiste nel tempo.
Ma in fondo c’è ancora qualcuno che si lascia guidare solo dal proprio senso estetico, dal piacere di indossare un orologio che ci appaghi prima di tutto dentro, poi per gli altri. Il segnatempo scandisce i nostri momenti più belli e le nostre ore più lunghe e poco importa se il mondo non ci ascolta.