di Davide PASSONI
Dici TAG Heuer e pensi alla Formula 1. Matematico. E insieme alle auto, ti vengono in mente nomi e leggende che le hanno guidate e che le guidano tuttora: Ayrton Senna, Alain Prost, David Coulthard, Kimi Räikkönen, Fernando Alonso, Lewis Hamilton, Jenson Button.
Un legame, quello tra la maison svizzera di alta orologeria e i motori, che risale agli Anni ’60 e che porta con sé un po’ della ribellione tipica dei piloti. Una ribellione che, a modo suo, Jack Heuer portò nel mondo dell’orologeria nel 1969, quando rivoluzionò il design orologiero introducendo la cassa quadrata del Monaco. Poi, ogni modello, dal Carrera al Silverstone, è stato da lui reinventato completamente. Con ogni cambio di design ha saputo portare i suoi orologi ancora più avanti e sulla scia di questa tradizione, nel 1986 è nata la collezione Formula 1, riscoperta nel 2004 e rilanciata a Baselworld 2012, in programma a March nella cittadina elvetica, con 18 modelli completamente ridisegnati in collaborazione con il team Vodafone McLaren Mercedes, testati da Lewis Hamilton e Jenson Button in prima persona.
La collezione è disponibile con tre varianti di movimenti – cronografo, solotempo e alarm – in una cassa da 42mm. Notevoli sono il TAG Heuer Formula 1 Chronograph Black and Red Bezel, cronografo al quarzo con lunetta fissa in acciaio rivestita in carburo di titanio nero, con réhaut in alluminio rosso secondo la migliore tradizione racing; il TAG Heuer Formula 1 Chronograph Steel & Brushed Ceramic, con gli stessi contatori e stesso del Black and Red Beze, ma su quadrante in ceramica satinata antracite e con la lunetta in ceramica satinata nera, della stessa resistenza del diamante; il TAG Heuer Formula 1 Chronograph Titanium Carbide Coated Edition, con rivestimento in carburo di titanio, tecnica utilizzata nell’industria aeronautica e automobilistica, che riveste la cassa in acciaio, la lunetta fissa e la corona “Easy Grip”.
Senna, Prost, Hamilton… tutta gente tosta. Del resto, diceva Senna che “ogni pilota ha un limite, il mio è leggermente oltre quello degli altri“; un limite, il suo, che si è identificato con la curva del Tamburello, a Imola, in un 1° May pieno di sole di 18 anni fa. Quello di TAG Heuer ancora rimane da scoprire: se il CEO Babin sostiene che per la maison “nulla è impossibile“, perché non credergli?