Milano, 19 settembre: Settimana della Moda Donna. Ore 9.30: pronti, partenza, via. Un diluvio universale che manco Noè con la sua arca poteva salvare il migliaio di fashionisti giunti da tutta Italia per celebrare la dea Moda. Dalle prime ore del mattino una miriade di tweet disperati di giornalisti e blogger in piena crisi esistenziale perché l’outfit del primo giorno, studiato con cura mesi e mesi prima, come Nostra Signora Anna dello Russo impone, non era più utilizzabile per via della pioggia battente: niente sandaletti dal tacco svettante, niente abitini svolazzanti né macro occhiali da sole. Stivali della pioggia e kway, per ripararsi da questa fashion shower che ha bagnato stamattina Milano.
Poi il tempo ha deciso di essere clemente e di consentire al grande circo della moda di aprire i suoi battenti in pompa magna. Un primo giorno interessante che ha visto l’esordio in passerella di For.Me, nuovo progetto a di Elena Mirò, che va ad affiancare e non a sostituire la linea storica. Una collezione glamour e altamente seduttiva, i cui abiti sottolineano volutamente punto vita, fianchi e décolléte in un’esplosione di seduttività. Bluette, viola, cremisi alternati ad una palette di colori caldi e a stampe, sono le nuance che la donna pensata da Elena Miroglio ama indossare. Il nuovo progetto della stilista è dedicato a quel gruppo di donne che veste dalla taglia 44 alla 52, con un focus particolare sulle taglie 44, 46 e 48, fascia che oggi rappresenta oltre il 50% del mercato italiano ed europeo. For.me è la dimostrazione che per essere meravigliose non è necessario pesare l’equivalente di una Birkin di Hermes.
Una rivoluzione è in atto anche da Kristina Ti, il cui messaggio è chiaro sin dal biglietto di invito alla sfilata: Io sono e non più Io sono mia. Un inno alle donne che devono sentirsi libere di essere tutto e il contrario di tutto. Proprio per questo sfilano in passerella abiti che prendono vita dal contrasto di tessuti pesanti e leggeri e che alternano romanticismo e innocenza a sensualità provocante.
Tra le prime a sfilare anche Paola Frani che propone meravigliosi abiti lunghi dai colori profondi del mare (che nostalgia delle vacanze…), tute in nero e bianco, forse per contrastare la femminilità urlata dei colori fluo delle passate stagioni, e camicie e bluse che alle scollature provanti preferiscono il gioco malizioso del vedo non vedo.
Meravigliose e profonde scollature anche sulle schiene nude delle modelle di Gucci che porta in passerella una donna leggera come le ali di una farfalla, come quelle ruches che sembrano respirare ad ogni passo e che Frida Giannini ha scelto di utilizzare copiosamente per profilare i suoi abiti, per arricchire le maniche a sbuffo, appoggiate sulle spalle o a cascata sul seno. Le linee sono essenziali. Si avverte una voglia di pulizia dagli eccessi di un certo recentissimo passato arzigogolato e nel contempo un bisogno di rifugiarsi nella purezza degli anni ‘60/’70. Unico lusso, a parte i meravigliosi tessuti che fluidi accarezzano le linee del corpo, brillanti orecchini chandelier, che danno luce ai bianchi colli messi in evidenza da sofisticati e geometrici chignon, e dettagli gioiello sullo scollo di certi abiti. Ma ciò che colpisce Mayrmente è l’esplosione assoluta del colore: corallo, rosso fragola, verde menta, azzurro per il giorno, bianco e nero, alternato a stampe pitone per la sera.
Si fa fatica a prestare attenzione agli abiti da John Richmond il cui parterre è affollato dal solito popolo di veline e calciatori riesumati dalla polvere dell’oblio ad hoc per l’occasione. In prima fila anche un attentissimo Emilio Fede in versione Anna Wintour con tanto di occhiali da sole scuri, che osserva con aria finto competente le numerosissime uscite. L’ispirazione viene dagli anni ’50, che John Richmond ha voluto rivisitare in chiave moderna e portare nel XXI secolo: sfilano così vestiti a ruota, gonne a tulipano abbinate a giacchini strutturati e dal punto vita ben sottolineato, ma anche gli immancabili corsetti ricoperti di paillettes, in pieno stile Richmond, microshorts in pelle traforata e camicie in leggerissimo velo.
A chi potrebbe venire in mente di utilizzare tappi di latta come fossero macro paillettes? Ad Alessandro dell’Acqua di N.21 ovviamente, che in un eccesso di genialità ha l’intuizione di applicarli su un avvitatissimo abito al ginocchio che tintinna ad ogni passo della modella e abbaglia per gli swarovski che brillano tra un tappo di birra e l’altro. Geniale. Il resto della sfilata è il risultato dell’alternarsi di abiti, gonne e giacche dalle forme ben definite, in total white, in croccanti tessuti broccati o a rombi come l’abito di arlecchino, e di vestiti dalle linee geometriche, con reggiseni a vista, arricchiti da dettagli in pizzo nero o bianco.
Chiude la maratona della prima giornata di Milano Moda Donna Francesco Scognamiglio. Donne che sembrano vergini vestali camminano svelte sulla passerella. Gli abiti bianchi, accollatissimi e lunghi a sfiorare il pavimento, mossi sul fondo da piccole ruches, ricordano le camicie da notte utilizzate dalle ragazze per bene della piccola borghesia di campagna, come quelle delle signorine Bennet di Orgoglio e Pregiudizio di Jane Austen. Non un lembo di pelle nuda si vede. Solo la trasparenza della leggerissima garza di cotone lascia intravedere le culotte a vita altissima. Unico dettaglio vezzoso i ricami che arricchiscono il petto. Anche gli abiti per la sera sono lunghi e poco scollati. Ma rispetto al giorno, le trasparenza si fanno più audaci e provocanti e i ricami leziosi lasciano spazio a decorazioni scintillanti e a cascate di glitter.
Siamo solo agli inizi, il circo della moda ha ancora tanto da farci vedere e molto di cui farci discutere.
Pinella PETRONIO