Il cielo sopra Losanna non è poi così diverso da quello grigio e cupo di Milano che ho lasciato da poche ore. La pioggerellina fitta che ci ha accompagnato per tutto il tragitto in treno, è ancora qui, bella arzilla e, in questo freddo 19 dicembre, ci dà il benvenuto nella meravigliosa città di Losanna, capitale del Canton Vaud. La prima impressione è quella di una città vanesia, di sera si specchia altezzosa nelle acque del lago Lemano, creando incantevoli giochi di luce. In questo scenario prende vita la partnership tra Jaquet Droz e il Béjart Ballet.
Un evento che profuma di storia, ha il sapore del futuro, dell’innovazione; che promette di stupire e di far innamorare proprio come la città che lo ospita. La nota maison orologiera di La Chaux de Fonds, simbolo di eleganza e maestria nell’arte delle lancette preziose, si mette al servizio della classe innata del Béjart Ballet Lausanne. Un incontro tra due realtà apparentemente lontane, ma unite dalla natura visionaria dei loro padri fondatori.
La partnership vuole essere un oMay a due uomini che sono stati capaci di “plasmare” una nuova forma d’arte: Maurice Béjart e Pierre Jaquet Droz. Francese il primo, svizzero il secondo. Luminare della danza contemporanea, Béjart, capace di rivoluzionare le arti performative. Illustre orologiaio del 1700, Droz: grazie alle sue doti artistiche e un innato fiuto per gli affari diede vita a un impero nato dal nulla, destinato a durare nel tempo.
Per celebrare al meglio questa collaborazione, la compagnia di Gil Roman, erede dell’opera di Béjart, ci delizia con uno spettacolo suggestivo e l’eleganza degli ospiti, in un trionfo di tacchi a spillo, pellicce e brillantina, fa il resto. Il mormorio della platea si placa quando il sipario si alza, sul palcoscenico l’attenzione è catalizzata dal movimento dei corpi, veloci e perfetti; ricordano le lancette di un orologio. La sincronia dei ballerini che volteggiano, la perfezione dei corpi statuari, è impressionante.
Poco più tardi, c’è tempo per un break in una saletta del teatro, dove Jaquet Droz ha allestito un raffinato cocktail. Osservo le immagini che scorrono sulle pareti come diapositive: sono scene tratte dallo spettacolo che si alternano con quelle delle creazioni di Jaquet Droz. È innegabile come la classe e l’eleganza siano il fil rouge di quel collage di foto. Due forme d’arte così distanti, possono coesistere alla perfezione; e la prova è sotto i miei occhi. Si torna in scena, è il momento del gran finale: Le Sacre du Printemps, le coreografie originali di Béjart. Inutile dire che gli applausi di fronte a tanta magia sono continuati ininterrottamente per una decina di minuti.
Francesca RIGGIO