Con lunedì 23 January, Capodanno cinese, si è aperto l’anno del Dragone, simbolo di potere, forza e ricchezza e che pertanto, pare, darà impulso alle gravidanze (sembra che porti bene avere un bambino nato sotto gli auspici di questo segno zodiacale: signore d’Italia, io ve lo dico…) oltre che alla crescita economica della seconda potenza mondiale. C’è chi è molto preoccupato perché, drago o non drago, la crescita prevista nel 2012 rallenterà. Si prevede “solo” un +8% a causa del raffreddamento della domanda globale e della debolezza del mercato immobiliare (inizia a sgonfiarsi la bolla).
Be’, io dico che un +8% visto da qui è un gran bel tasso di crescita. In poche parole il gigante cinese continuerà ad offrire ampi quantitativi di ossigeno ai nostri brand in questo momento di stasi dei mercati occidentali. In particolare nel lusso dove la crescita attesa è a doppia cifra. Pertanto è il momento giusto per fare una riflessione e chiedersi: abbiamo sul campo le risorse umane più adatte per riuscire a cogliere i frutti maturi che pendono dai generosi rami dell’albero-Cina?
I motivi per cui la domanda è, non solo legittima ma opportuna, sono due. In primo luogo il mercato cinese è difficile. Si, è vero, là cresce un po’ tutto: il numero delle grandi città dello shopping, il reddito disponibile, il gusto dei consumatori, la domanda di beni di lusso. Ma cresce anche la domanda di servizio eccellente da parte di chi fa acquisti, la competitività, l’affollamento del mercato pubblicitario, ecc. Quindi è importante inviare da casa-madre o reclutare in loco manager molto forti, in particolare solidi sui fondamentali ma anche dotati di intelligenza emotiva e con il giusto approccio culturale.
In secondo luogo le aziende in Cina devono affrontare un altissimo turnover di personale e si possono trovare ad avere un team completamente diverso ogni tre anni. Questo capita perché il tasso di lealtà all’impresa per cui si lavora è molto basso e, allo stesso tempo, l’alta domanda di talenti fa sì che i manager stessi siano molto ricercati da altre aziende. L’effetto combinato è che si fa fatica a fare “retention”, cioè a trattenere le persone. Particolarmente quelle più brave e che hanno già maturato un po’ di esperienza nel ruolo! Gli strumenti per contrastare il trend sono diversi, oltre agli economics. È necessario in generale che le organizzazioni passino da una modalità reattiva ad una proattiva e si focalizzino su questo scenario già in fase di assunzione.
In conclusione, la realtà è che in Cina ci sono già un po’ tutte le aziende del lusso, e quasi tutte fanno business, ma solo poche fanno margini ed hanno forte successo. L’elemento discriminante, direttamente o indirettamente, è sempre la squadra che ognuno ha saputo mettere in campo. Una squadra che deve essere composta di uomini e donne capaci e allo stesso tempo flessibili, e con un ottimo livello di comprensione della società in cui si muovono e dei suoi stakeholders. Una squadra che non basta mettere insieme al momento dello “sbarco”, ma che deve crescere in quantità e qualità proporzionalmente alla crescita del business. Ed è dalla casa-madre che è giusto monitorare la situazione e, quando necessario, allocare tutte le risorse utili.
*Partner responsabile della Global Luxury Practice di Odgers Berndtson