Nonostante la moda sia un susseguirsi di trend stagionali sempre nuovi, la divisa rimane, ancora oggi, un elemento che trasmette, a chi la indossa, sicurezza e prestigio.
Indossare una divisa libera in primo luogo, dall’imbarazzo di dover scegliere ed in secondo, da quello di sapere scegliere: la T-shirt nera di Armani o il completo scuro con occhiali di Karl Lagerfield, solo per citare due icone che hanno reso la divisa “personalizzata” uno degli elementi distintivi del loro fashion system.
Anche gli atleti non sono esenti da questa influenza se pensiamo, per esempio, alla maglia “away” del Napoli. Maglia mimetica o per citare il Presidente De Laurentis “maglia da battaglia”, tutto un programma!
In merito alla divisa militare, fu la Belle Epoque a consacrarla definitivamente come abito maschile elegante.
Il look militare ha sempre avuto una profonda influenza sulla moda soprattutto per gli uomini e tra tutti gli stili di uniformi, quelle militari rimangono di gran lunga le più desiderabili, forse per il senso di eroismo che siamo soliti associarvi o per le azioni epiche dei soldati, sta di fatto che capire il primato della divisa sulla moda o viceversa è come disquisire su chi sia venuto prima tra l’uovo e la gallina.
Generalmente possiamo dire che molte di quelle che consideriamo caratteristiche comuni delle divise militari, sono state inserite in maniera del tutto naturale, nell’abbigliamento di ogni giorno: stivaletti, tasche, zaini, maniche di camicia arrotolate e tanti altri ricordi dei campi di guerra, elementi parodiati e riproposti anche in tempi recenti dal chitarrista Jimi Hendrix e dai suoi followers.
Il culto della divisa nasce nell’800, con la creazione degli eserciti nazionali, per la prima volta le grandi masse entrano in contatto con concetti quali rispettabilità, senso di appartenenza, decoro personale, ecc.
L’abito militare associato ad un progressivo uniformarsi della moda maschile in cui prevalgono tinte scure ed assenza di decori, offre un eccezionale contributo all’evoluzione dei costumi borghesi.
Le uniformi riproducono molti elementi del costume maschile: la marsina ed i galloni, i pantaloni aderenti, le scarpe alte ed il cappello a tricorno a volte decorati con coccarde – azzurra per i Piemontesi, bianca per i Francesi, nera per gli Asburgo.
Questo copricapo fu però presto sostituito dal bonnet, berretto di pelo tipico di moltissimi eserciti nazionali. Furono gli Austriaci a dettare la vera moda della divisa militare in Europa, con il corpo degli Ussari e con le loro divise riccamente decorate di alamari e passamanerie.
Su tutto spiccava il famoso “dollman” (o attila) il giacchino impreziosito nella versione invernale dall’interno in pelliccia.
Nonostante la loro scomparsa come corpo militare, alcuni elementi come la “bustina” tipico berretto a soffietto, hanno attraversato le due guerre mondiali fino ai giorni nostri per essere ancora presente soprattutto nell’esercito americano e russo, anche se in versione decisamente semplificata.
Una citazione a parte merita la sahariana, simbolo eccellente dello stile coloniale e di tutte le sue guerre.
Nasce in Africa nel 1800 circa, ma la versatilità e la comodità ne fanno da subito, un capo diffuso in tutto il mondo che ben presto entrerà a fare parte anche del guardaroba femminile dopo il successo prepotente di alcune pellicole cinematografiche come Mogambo e La Mia Africa.
Bisognerà attendere il 1968 per la prima sahariana haute couture di Yves Saint Laurent che partendo dalle sue origini algerine e dal suo spirito cosmopolita, ne farà un classico intramontabile, declinato sia al maschile che al femminile e molto spesso indossato dai “belli” del cinema per antonomasia.
Il fascino della divisa è dall’antichità accostato al concetto di bello, di prestanza fisica, di capacità di autocontrollo, mito o verità?
Se nella moda il ritorno alla divisa ha significato spesso voglia di ordine, di pulizia di linee rigorose, nella vita reale ha ancora senso parlare di fascino della divisa?
*Former Partner Odgers Berndtson