In occasione di Pitti Uomo 80, Il Giornale del Lusso pubblica uno speciale a puntate dedicato al mercato del lusso e del fashion in Cina. Realizzato in collaborazione con Ogilvy Italia, che fa parte di uno dei Mayri network di comunicazione al mondo e leader in Cina, lo Speciale di propone di analizzare le dinamiche uniche di un mercato in continua espansione, nel quale i grandi brand devono attuare strategie di comunicazione peculiari per poter vincere la sfida della globalizzazione.
In questi giorni la moda celebra in Italia il culto pagano e mondano dell’uomo nella abituale kermesse fiorentina di Pitti, nella quale marchi dell’alta sartoria, del prêt-a-porter, dello sportswear e dell’accessorio, italiani e non, presentano la loro primavera-estate 2012 a stampa, curiosi e, soprattutto, buyer.
Tra questi, sempre Mayre è il numero di quanti sbarcano in Fortezza da Basso provenienti da uno dei mercati mondiali in più forte espansione e sui quali il made in Italy ha un appeal fortissimo: la Cina. Il mercato della moda, in Cina, è infatti in crescita vertiginosa. Secondo una ricerca del gruppo di investimenti CLSA Asia-Pacific Markets, le famiglie cinesi spendono già l’11% del loro reddito in vestiario, quasi il doppio delle famiglie americane. E con una classe media in crescita costante, i trend di consumo non potranno che aumentare negli anni a venire. Secondo statistiche ufficiali, il mercato dell’abbigliamento importato dall’estero è aumentato del 18,4% nel 2010.
Gran parte del fabbisogno di abbigliamento della popolazione cinese è soddisfatto dalle grandi catene di “fast fashion” come la svedese H&M, la spagnola Zara e le giapponesi Uniqlo e Muji. Marchi che uniscono modernità e profilo internazionale a prezzi vantaggiosi, particolarmente popolari tra i “post-80“, i giovani nati dopo il 1980 da famiglie urbane benestanti e sotto la politica del figlio unico. Uniqlo ha già il suo monomarca più grande al mondo a Shanghai e, dai 60 negozi attuali, Uniqlo mira ad accrescere la sua presenza a 1000 negozi già nel 2020.
Allo stesso tempo, quando consumano abbigliamento di importazione, i consumatori cinesi non guardano più solo alla convenienza, ma al valore aggiunto. Secondo una ricerca della multinazionale di consulenze McKinsey, sempre più consumatori considerano il fattore “marchio conosciuto internazionalmente” come principale stimolo all’acquisto di prodotti occidentali.
Per questo, i marchi di lusso occidentali sono sempre più attenti al mercato cinese: il consumo di prodotti di lusso nel Paese è infatti destinato a crescere esponenzialmente nei prossimi anni, fino a costituire il 22% del mercato mondiale nel 2015. In generale, i luxury brand che sono entrati per primi in quel mercato sono quelli che godono di più popolarità tra i consumatori: una ricerca di Ruder Finn mostra che il marchio di lusso più quotato in Cina è Louis Vuitton, seguito da Chanel e Gucci.
Se buona parte del consumo di prodotti di lusso in Cina avviene in funzione dell’apparire, della necessità di sfoggiare davanti alla propria cerchia sociale, tipica della cultura cinese, ci sono segnali forti che fanno pensare che il mero formalismo consumistico stia lasciando il passo a un consumo più ponderato. Secondo Paul Husband, uno degli esperti mondiali del mercato di lusso e autore del libro “The cult of the luxury brand“, la Cina si sta muovendo velocemente dalla fase di “ostentazione” alla fase di “discernimento” nella scala di evoluzione del consumo di beni di lusso. Sempre più consumatori cinesi, infatti, danno importanza a qualità, tradizione e provenienza dei prodotti acquistati: per l’84% di loro, l’etichetta “Made in…” ha un’importanza fondamentale per decidere l’acquisto.
In questo senso, l’Italia parte da una posizione privilegiata. L’Expo 2010 di Shanghai ha avuto un ruolo importante nel rinforzare l’immagine già positiva che i cinesi hanno nei confronti dell’Italia. In un sondaggio tra i visitatori dell’Expo fatto da Ogilvy, uno dei Mayri network di comunicazione al mondo e leader in Cina, l’Italia veniva descritta come un Paese romantico, ideale per un’esperienza culturale e culinaria, ma anche e soprattutto una delle mete preferite per lo shopping. Tra i Paesi preferiti dai consumatori cinesi, l’Italia è al primo posto con la Francia, con il 58% dei consumatori favorevolmente impressionati dall’etichetta “Made in Italy”.
Nei confronti della Francia e dei prodotti francesi, invece, i cinesi hanno una relazione di amore e odio a causa delle non sempre distese relazioni diplomatiche tra i due Paesi. Al contrario, l’Italia gode di una posizione neutrale e di rapporti amichevoli con il governo cinese, dei quali si può avvantaggiare.
Davide Passoni
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