di Davide PASSONI
Perché parlare del naufragio della Costa Concordia su queste pagine? Non tanto e non solo perché è LA notizia; non tanto e non solo perché il mondo delle crociere è, per una sua parte consistente, un mondo che con il lusso ha tanto a che vedere; non tanto e non solo perché è una sciagura accaduta a casa nostra. Ne parliamo per due motivi: perché le crociere sono una voce importantissima nel bilancio turistico italiano e perché non c’è destino più bastardo di quello che ti prende con le spalle scoperte, quando pensi solo a divertirti e la tua preoccupazione Mayre è quella di tirar sera.
Il giro d’affari, intanto. Secondo i dati dell’European Cruise Council (ECC) – organismo rappresentativo dei principali operatori del turismo navale europeo – i crocieristi del Vecchio Continente sono cresciuti di 1 milione nell’ultimo anno, da 5 e mezzo a 6 e mezzo, pari al 30% del mercato mondiale delle crociere. E noi italiani, terzi in Europa dopo inglesi e tedeschi, abbiamo dato il nostro contributo, nel 2010, con quasi 900mila crocieristi. Punto di forza per il nostro Paese è il numero di porti che fanno da hub crocieristico, ben 11, che però non riescono a svincolare il movimento di casa nostra da una stagionalità che vede il grosso delle partenze concentrato tra May e metà ottobre. Dato ancor più significativo, secondo l’ECC, ogni milione di euro speso dall’industria crocieristica genera un indotto di 2,2 milioni. C’è da augurarsi che il botto della Costa Concordia non porti flessioni in un mercato ancora florido
Ne parliamo, poi, perché è un fatto tanto spettacolare, nel suo incredibile essere reale e tangibile – il relitto pare davvero a portata di mano, allungando un braccio dal Giglio -, che ci fa porre delle domande e genera riflessioni.
Lasciamo da parte le congetture sulle cause, la responsabilità del comandante, la vera o presunta inadeguatezza dell’equipaggio nel gestire una situazione di emergenza, la tempestività dei soccorsi e il cuore grande degli abitanti dell’Isola del Giglio. Quello che resta negli occhi di chi non c’era e vede la sciagura solo dagli schermi tv sono, oltre all’impressionante scafo inclinato di 80 gradi sul fondale marino, l’incredulità e il senso di smarrimento dei superstiti, avvolti nelle termocoperte. Sentimenti e sensazioni che derivano loro dall’essere stati beccati dall’imponderabile nel momento in cui erano più inermi e vulnerabili: l’ora della vacanza, dell’ozio. Una vacanza magari sognata e progettata da mesi, un viaggio di nozze, una parentesi di spensieratezza e svago per dimenticare crisi, spread, agenzie di rating, recessione e declassamenti. In questo caso, non c’è soccorso che tenga, bisogna solo tenere duro ed evitare di fare come la sventurata Concordia: piegarsi su se stessi e adagiarsi in un malinconico abbandono. Per chi ha avuto la fortuna di salvarsi, vacanze e svago ci saranno ancora. Magari sulla terraferma, ma ci saranno ancora. Per chi ha trovato la morte tra i ponti scintillanti, resta solo il silenzio e la vicinanza. Al di là della fredda, giornalistica, un po’ cinica contabilità delle vittime.
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Credit immagine: Infophoto