Il lusso di una cena intima, insieme a pochi amici e la persona del cuore, assaporando i piatti della tradizione, respirando gli odori della cucina italiana, da una classica pasta al pesto alla rivisitazione in chiave moderna di qualche manicaretto nostrano.
Abbiamo incontrato Chiara Maci, appuntamento quotidiano su La7 a Cuochi e Fiamme insieme a Fiammetta Fadda, Riccardo Rossi e Simone Rugiati, creatrice insieme alla sorella Angela di un nuovo modo di raccontare, vivere e far fruttare la passione per la cucina attraverso il blog di successo Sorelle In Pentola.
Chi era Chiara Maci prima di diventare una food blogger famosa e creare “Sorelle in pentola”?
Ero una 25enne “fuorisede disperata” alle prese con gli orari lavorativi milanesi, il marketing aziendale e una voglia di stimoli continui.
Crede che i critici gastronomici e ristoratori si siano sentiti limitati o abbiano risentito in qualche modo del fenomeno food blogger?
Credo che i food blogger siano un ottimo esempio di tramite tra il mondo della ristorazione e quello del consumatore. Se studiano e imparano a lavorare con capacità non limitano nessuna categoria, anzi, possono diventare un grande aiuto per chi vuole conoscere il mondo della cucina, attraverso occhi sicuramente “liberi” da condizionamenti.
La cucina va di moda?
Troppo. È un bene che anche tra i giovanissimi sia nata questa meravigliosa passione e che le iscrizioni alle scuole alberghiere siano triplicate, ma allo stesso tempo è un fenomeno che sta crescendo in modo smisurato senza la necessità di una cultura alle spalle. La selezione poi si fa automaticamente sul lungo periodo. Chi la vive come una moda, passa.
Il settore della ristorazione ha risentito della crisi economica o il fenomeno dei food blogger ha arginato la problematica?
Assolutamente sì, e nessun fenomeno può arginare la cosa. Stiamo vivendo un periodo storico difficile dove le persone, seppur molto più interessate alla cucina e curiose di conoscere posti e sapori nuovi, sono molto attente a quello che spendono e possono permettersi sicuramente meno “uscite”. Intanto gli chef hanno costi fissi altissimi, a cominciare dalle materie prime …
Oltre alla ristorazione, il cibo può diventare un business in Italia? Per Lei fare food blogging è rimasta una passione o lo considera un vero e proprio lavoro? Cosa le piace di più del suo mestiere?
Per me è un lavoro, perché ho avuto la capacità di unire le mie competenze di marketing e comunicazione alla cultura culinaria che mi ero creata negli anni. In questo modo sono arrivata alla televisione, alla carta stampata, al mio primo libro e alla consulenza alle aziende. Tutto può diventare business, ma con il cibo non si scherza. Non mi stancherò mai di dire quanto l’etica professionale sia importante in questo settore.
Con la crisi gli italiani si sono messi di più ai fornelli oppure è la moda della cucina che ci ha riportato alla classica “schiscetta”?
Credo si tratti di voglia di tornare alla genuinità dei cibi. È passato il momento del pranzo pronto o del panino di corsa. Le persone preferiscono mettersi ai fornelli, cucinare e preparare da soli la “schiscetta” da ufficio. Almeno sanno cosa mangiano.
Cosa ne pensa di alcuni personaggi TV che dopo tanto tempo lontani dalle telecamere si sono reinventati dietro un bancone in cucina?
Sono dell’idea che emerga solo chi vale, anche e soprattutto in questo settore. Cucinare in televisione non è cucinare nella vita quotidiana e la gente questo lo percepisce. Io mi accorgo di questo: c’è chi cucina abitualmente guardandolo una sola volta, e in televisione ce ne sono tanti che in cucina non ci capitano spesso!
Dell’Italia ai fornelli: che cosa ama di più?
Le tradizioni. I gusti, i sapori e gli odori ai quali siamo affezionati e dai quali non ci stacchiamo facilmente. La cucina del rispetto e dei valori, quelli che, almeno in questo settore, continuiamo a tramandare.
Giulia DONDONI