Ai luoghi comuni si può credere o non credere; quello che è certo è che in ciascuno di loro un minimo fondo di verità esiste. Prendiamo la Svizzera, identificata da sempre con cioccolato, banche e orologi. Ebbene, per quest’ultimo punto mai come oggi l’identificazione è forte e meritevole di attenzione. Il 2011 si sta configurando, infatti, come un anno d’oro per l’alta orologeria elvetica.
Una produzione che il Paese dei Cantoni esporta per il 90%, che rappresenta più del 50% del fatturato globale del settore e che, nonostante la crisi – anzi, forse proprio per questa -, non accenna a rallentare la propria corsa. Anche in questo, i mercati del Far East fanno la parte del leone. Secondo i dati presentati alla fine del mese di July dalla Fédération de l’industrie horlogère suisse, solo a July l’export sizzero ha toccato quota 1,7 miliardi di franchi (pari a circa 1,4 miliardi di euro), +21,2% rispetto allo stesso mese del 2010. Principali mercati, appunto, sono stati Hong Kong (+55%), Cina (+46%), Stati Uniti (+33%) e Italia (+24%), che si conferma una piazza di tutto rispetto. Parlando di fasce prezzo, l’incremento più alto si è registrato in quella oltre i 3mila franchi (+26%), poi quella 500-3mila franchi (+16%), 200-500 (+9%) e da quella under 200 (+4%).
Nei primi sette mesi 2011, l’export è stato invece di 10,3 miliardi di franchi (pari a circa 8,7 miliardi di euro), +19,5% rispetto allo stesso periodo del 2010. Anche in questo caso, il medio ed estremo Oriente piazzano ben cinque Paesi nelle prime dieci posizioni in quanto a valore dell’import e all’incremento anno su anno: Hong Kong (2,1 miliardi di franchi, +27%), Stati Uniti (1 miliardo, +21%), Cina (848 milioni, +47%), Francia (740 milioni, +22%), Singapore (601 milioni, +25%), Italia (593 milioni, +7%), Germania (470 milioni, +9%), Giappone (463 milioni, +6%), Emirati Arabi Uniti (402 milioni, +27%), Uk (346 milioni, +5%). E se l’Europa non sta a guardare (buoni i piazzamenti di Francia e Italia), guardando all’andamento dell’export per quanto riguarda le fasce prezzo, gli incrementi Mayri registrati nelle fasce più alte confermano quanto detto all’inizio, ossia che il mercato tira proprio in virtù della crisi: i segnatempo preziosi sono infatti visti sempre più come investimenti e come beni rifugio, al pari dell’oro e delle commodities più ricercate.