di Davide PASSONI
Se la plastica, con gli anni, è diventata un materiale nobile non è un certo un merito dei propugnatori della raccolta differenziata, bensì la conquista di un’azienda tutta italiana che, nel mondo, è sinonimo di qualità, design, modernità. Parliamo di Kartell, che ormai da decenni ha fatto crea capolavori sempre attuali grazie all’utilizzo del più “facile” dei materiali e a una vision orientata alla qualità e all’accessibilità dei prodotti, come ha spiegato a Il Giornale del Lusso Claudio Luti, presidente dell’azienda milanese.
Partiamo da una domanda difficile: 2011, dove va il design?
Design è una parola molto complicata, che ognuno interpreta come vuole. Più che dire dove va il design, ho l’ideaa ben chiara di dove va Kartell.
E dove va?
Kartell è un’azienda sì di design, ma che ha fatto delle scelte strategiche ben definite già quando arrivai io 22 anni fa: una di queste è continuare a essere un’azienda industriale, che abbia un buon bilancio tra costo e qualità ma sempre aiutata dai designer, che a mio parere sono i migliori del mondo per portare avanti questo tipo di progetto industriale. La nostra strategia andava bene agli inizi degli anni Novanta, va bene in questo 2011 e penso funzionerà anche negli anni a venire, per questo non è cambiata. Penso che l’importante sia come si realizza un prodotto; i nostri ci mettono in media due anni per nascere, dobbiamo fare tutte le ricerche e gli investimenti necessari perché questi funzionino.
E in effetti pare funzionino…
L’innovazione di Kartell va di pari passo con la ricerca della qualità. Fin dal mio primo giorno in azienda ho cercato di collaborare con i designer per poter avere un’evoluzione del prodotto sì come prodotto industriale, ma senza mai perdere di vista la qualità. Già dai primi prodotti che ho visto nascere con Starck, Citterio, Magistretti e gli altri ho sempre cercato la qualità, perché non bastava usare un materiale plastico ben fatto. Questo nostro lavoro ha cambiato in molti la percezione della plastica, è diventata un materiale nobile, entrato in tutti negozi e in tutte le case, anche quelle più importanti. Chiaro che bisogna realizzare prodotti che esaltino questa qualità e questo valore intrinseco. I designer con cui ho collaborato ci hanno aiutati a essere un marchio conosciuto in tutto il mondo; il made in Kartell è celebre ovunque, è una garanzia di qualità, sinonimo di prodotti molto facili sia da acquistare, sia da utilizzare, che vivono a volte delle vite molto lunghe e possono essere mischiati con altri di altri materiali e stili diversi. Kartell non ha uno stile ma una strategia.
C’è un designer che l’ha emozionata più degli altri tra le stelle di prima grandezza che hanno collaborato con Kartell?
Non voglio far torto a nessuno, dico solo che ciascuno di loro ha un approccio diverso al lavoro. Ai nostri designer chiedo di collaborare continuamente, non solo quando hanno un’idea, ma chiedo di vedersi spesso perché devono capire di che cosa ha bisogno l’azienda in diversi momenti. Per questo ci incontriamo regolarmente tutti i mesi, a volte solo per un caffè, a volte per riuscire anche a progettare qualcosa; ci vogliono tanto tempo ed energie, ho bisogno di gente generosa che vuole capire tutto di Kartell prima di iniziare a progettare. Per tornare alla domanda, più che dei designer mi hanno emozionato dei momenti, momenti in cui abbiamo creato dei prodotti con innovazioni talmente grandi che siamo stati i primi al mondo a fare: mi ha emozionato la trasparenza di certi oggetti; mi ha emozionato fare con Starck il primo prodotto con la tecnologia dello stampaggio rotazionale che ha dato luogo a un sofà – il Bubble Club – uscito direttamente dallo stampo; mi ha emozionato lavorare con Magistretti sulla sedia Maui, che ha rivoluzionato del tutto il concetto di sedia ripensando a struttura e materiali.
Come si presenta il 2011 per Kartell, sotto il profilo dei conti?
Kartell non ha avuto grossi problemi neanche nei momenti più duri della crisi. L’essere presente in 98 Paesi ci ha aiutato molto, così come ci ha aiutato l’avere partner e negozi che vendono soltanto Kartell, perché così non siamo influenzati da altri business collaterali. Questo mi ha fatto ragionare molto su quanto sia importante il controllo della distribuzione; noi italiani siamo sempre stati molto bravi a produrre, ma pochissimo lo erano altrettanto a controllare la distribuzione: io penso che entrambi questi due momenti vadano gestiti con la stessa qualità e quindi sia necessario avere molta cura nella scelta dei partner e dei canali di vendita. Non abbiamo avuto molti problemi nel 2009, nel 2010 abbiamo recuperato tutto quanto perso l’anno prima e devo dire che da August dello scorso anno è stata solo una grande risalita; nei primi 3 mesi del 2011 siamo a +12% di fatturato sullo stesso trimestre del 2010 e non vedo difficoltà se non scegliere bene le persone che con noi faranno la distribuzione: nei Paesi dove siamo ben rappresentati e abbiamo buoni partner siamo molto più forti che altrove.
Ha ancora senso, oggi, accostare il design al lusso?
Io faccio parte dell’associazione Altagamma, che racchiude aziende di qualità. Non vorrei mai confondere il lusso con la qualità, perché penso che nel nostro settore siamo ai vertici per la qualità, il lusso è forse qualcosa che si calcola più con il prezzo.
La qualità può essere un lusso?
Sì, infatti per noi è la ricerca continua che facciamo sulle nostre creazioni, pur facendole rimanere dei prodotti industriali.
Ultimamente grandi gruppi stranieri amano fare shopping in Italia, acquistando brand noti o prestigiosi. Bussasse qualcuno di loro alla porta di Kartell…
Innanzitutto Kartell è un’azienda che negli ultimi 20 anni ha sempre fatto profitto, con un record nel 2010. Abbiamo zero debiti e nessun problema finanziario. Oggi come oggi non prenderei in considerazione nessuna richiesta perché non vedo un investimento migliore di Kartell. L’unica cosa che in futuro potrebbe spingermi a cedere Kartell sarebbe solo l’accorgermi che io o i miei figli non saremmo più in grado di portare avanti l’azienda.
Quanto conta per lei l’italianità?
Io mi sento molto italiano e molto milanese. Avendo lavorato in due settori chiave come la moda e il design sento Milano come la capitale del mondo, non ho alcun senso di inferiorità nei confronti di altre città o altri Paesi. Quanto persone da tutto il mondo vengono a vedere e comprare i nostri prodotti, sia di pret-a-porter che di design, lo fanno con grandissimo rispetto, riconoscendo in essi un valore e quando vado all’estero trovo lo stesso apprezzamento per entrambi i settori. Questo mi rende orgoglioso.