C’erano ballerine in ogni dove. Una volteggiava sopra Piazza Castello a Torino, con gli acrobati della Compagnia Cirko Vertigo, nello spettacolo Cirque Carillon. Ne abbiamo trovate molte altre alla Palazzina della Promotrice delle Belle Arti, ma erano diverse. Erano dipinte finemente o abbozzate con il pennello; erano sculture con tanto di tutù in raso; erano circensi; erano le protagoniste della mostra dedicata ad Edgar Degas “Degas – Capolavori dal Museé d’Orsay“, grande evento della stagione culturale torinese 2012 che, come quella meneghina di Picasso, ha fatto il tutto esaurito.
Sotto quel pavillion c’erano dame e suggestioni di una Francia di fine Ottocento che continuavano fuori, nel panorama di castelletti affacciati sul Po mentre la pioggia fitta si rifletteva sui tetti d’ardesia definitivamente francesizzanti. Era Natale. Ma ora che la mostra al Parco del Valentino, che chissà perché ancora si chiama così, si è chiusa con un boom di visitatori (168 mila), ora che è passato qualche tempo dal nostro viaggio come reporter del NATALE TORINO BLOGGER TOUR 2012, ospiti della Città di Torino e dall’Assessorato Cultura Turismo e Promozione, che cosa resta di quell’atmosfera di festa? L’Epifania non si è portata tutto via, ed aveva ragione l’Assessore alla Cultura Maurizio Braccialarghe nel suo speech di presentazione al Grand Hotel Sitea (Via Carlo Alberto, 35): “Torino è una città importante e bella. […] L’idea è stata: come possiamo costruire un percorso per gli abitanti e gli ospiti di Torino che vogliano conoscerla e trascorrervi una vacanza?”. Ci sono riusciti (qui il video del nostro Tour). Alla faccia di chi dice che con la Cultura non si mangia. Alla faccia di chi pensa che Torino sia solo città di nebbia, di mummie, di Mole Antonelliana, metallo FIAT, del Lapo (Elkann, n.d.r.) scrittore, della Lucianina Litizzetto prossima al Festival di Sanremo e dei torinesi falsi cortesi. Diversi sono i percorsi possibili per scoprire questa città, gentile prima capitale d’Italia.
FALSI MITI E VERI MISTERI – C’è la Torino nascosta, occulta, con strani simboli effigiati fuori dai templi-chiese e con la Medusa accanto alla costellazione dei Gemelli apotropaici sulla cancellata di ingresso al Palazzo Reale. C’è la Torino della Sindone, con la copia sempre esposta nell’ultima cappella a sinistra del Duomo romanico, che poco ha delle dimensioni mastodontiche cui ci hanno abituato altre cattedrali, nazionali e non. E poi c’è la Torino dei Reali e di Piazza Castello con la visita alle Cucine di Sua Maestà e le sale di Madama Felicità (Piazzetta Reale, 1).
TORINO REGALE – Altro che zitella. La sorella del buon Amedeo e tutta la loro stirpe ci hanno lasciato, volenti o no, un tableaux vivant di buon gusto tra prime cioccolatiere, tavole imbandite con scenografica maestria, cucine intatte nella loro completezza (una a testa coronata, nella quale lavoravano dalle 30 alle 40 persone, tanto per gradire). La visita consente di vedere da vicino tantissimi utensili, come i macinini da caffè, le ceste di vimini ed i campanelli conservati perfettamente: ecco l’ufficio di un manger ante litteram e le stanze delle caldaie con le sedie ben impilate che paiono pronte per essere bruciate; ecco gli oggetti appartenuti a Vittorio Emanuele con dovizia di cifre (guai a distinguerli da quelli dei parenti!), i salottini, le madie ricche di piatti, le manifatture di Sèvres, i Villeroy&Boch, i Richard Ginory, i cristalli Baccarat, i servizi completi con tanto di motto Savoia a sovrastarli.
Il “FERT“: l‘acronimo latino starebbe per “La sua forza preservò Rodi” , alludendo alle gesta di Amedeo di Savoia, ma per le malelingue ingenerose sarebbe piuttosto”Fœmina Erit Ruina Tua” ovvero “La donna sarà la tua rovina”. Eppure, le donne, il bien vivre, i salotti e le dame hanno fatto la fortuna di questa piccola Parigi in miniatura.
TORINO DA GODERE – Torino è, a tutti gli effetti, una città d’affari, di mercatini, di boutique di ieri e di oggi: dalla Cesteria Barbieri, un bric-à-brac di accessori, arredo, divertimento per la casa e per le feste con chicche per ogni stagione dell’anno (Corso Casale, 16) a Kristina TI (Via Maria Vittoria, 18) giusto per fare subito due nomi “appetitosi”. Torino è un brulicare di boulevard, quelli aperti alla fine dell’Ottocento; è un continuum di bistrot e gallerie d’arte: basta passare per l’ottocentesca e scenografica Galleria Subalpina, nel cuore del centro storico, per averne un assaggio in un colpo d’occhio solo.
Qui, Marco Segantin intreccia, ricama con fiori, foglie, frutta secca: perché il gusto francesizzante e quell’allure d’Oltralpe, che stia simpatico oppure no, ai torinesi D.O.C. continua a piacere. Sul lato opposto della piazza, dal 1987 insiste l’Arcadia, ristorante dal salone scenografico e dal 1995 primo sushi bar in città.
TORINO DELIZIOSA – Ecco a voi un alto giappo-piemontese, il primo di questo tipo. E’ il ristorante del Pierino nazionale, Chiambretti, ma niente scherzi: con piatti e mìse en place si fa sul serio e si può persino assaggiare un garbato risotto al carema. Ma non è finita. Basta passare per via Barbaroux ed entrare nel “Quadrilatero romano” con il Gonfalone della Madonna a dare il benvenuto al Quartiere dei Guardinfanti per intraprendere un percorso tra negozi-boutique-ristoranti, vecchie caffetterie e panetterie dove ancora in vetrina i tipici grissini fanno notizia: c’è chi li ama “rubatà” o stirati. A voi gustare la differenza.
Un tuffo di contemporaneità? In via Alfonso Bonafous, 7, l’allieva della top cake designer londinese Peggy Porschen, Claudia Lotta, dal 2011 sforna cup cakes, biscottini, macarons e delizie alla crema al burro che sono una passione per occhi e palato. Una pausa corroborante? D’estate, ma non solo, Pepino e la sua gelateria classe 1884 offrono ancora il Pinguino, il primo gelato al mondo su stecco ricoperto di cioccolato.
Cioccolata calda e praline? Dove gustarle se non nella patria di Venchi, Guido Gobino? Senza dimenticare che esistono percorsi lungo le vie del cioccolato, gli Itinerari dedicati “ai Pasticcini del Re”, ghiotti quanto quelli di Arte Contemporanea o lungo il sobrio Barocco piemontese.
Eppure, il modo migliore per scoprire questa Torino nascosta è perdersi, piazza dopo piazza. E ne esistono di scorci misteriosi…
TORINO DA SVELARE – Ad esempio, basta lasciarsi catturare dall’architettura Juvarriana di Palazzo Madama (Piazza Castello). Dentro, nella corte centrale, il pavimento trasparente si presta a sfide di artisti contemporanei mentre sotto si nascondono le cisterne medievali e la prima porta romana della città. Uscendo si apre la veduta su Corso Garibaldi, prima via pedonale della città (1978) nonché decumano maximo di una Torino romana di cui poco resta. Sulla destra, un “toret“, una fontanella verde testa di toro da cui ancora sgorga ancora l’acqua civica, ci racconta che qui, i “dragoverde” più antichi hanno le corna lunghe. Sono passioni. E ci vogliamo mettere pure il Corpus Domini con il piercing? Tra miseria e nobiltà, resta il palazzo con l’installazione di Corrado Levi: da un lato sgocciola sangue rosso, dall’altro è blu. Accade là dove in tempi remoti avvenne il miracolo dell’asino e dei tre ladroni.
Torino città piena di contraddizioni? Forse sì, ma per questo ricchissima di spunti. E non si potrà più dire che, sotto la Mole, c’è solo la nebbia.
Paola PERFETTI
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