Ci sono delle cose che in anni – non tantissimi, ma nemmeno troppo pochi – di Settimane della Moda, non siamo ancora riusciti a capire. Quali siano ad esempio i criteri che usano gli uffici stampa per accreditare stampa e blogger ad esempio. Oppure, in quale modo si stabilisca chi deve avere il posto a sedere e chi, invece, uno standing. Certo è chiaro che le prime file vengono date a direttori di riviste blasonate, a blogger affermate, a buyer, che senza di loro tutto sto circo non ci sarebbe, e a giornaliste che c’hanno in mano il bastone, ma il front row di Armani mica se lo vogliono perdere. Non scherziamo.
Detto ciò, quello che non riusciamo a comprendere è l’arcano che a parità di lettori e prestigio di testata e a parità di ruolo del giornalista, spinge i pr a metterne uno in standing e l’altro a sedere alla sest’ultima fila. Affari loro vien da dire. Se non fosse che… “Ti confermo l’accredito, ma posso solo metterti in standing è un problema?“. “Ma no, l’importante è che possa vedere la sfilata“. Del resto si va là per quello, è il nostro mestiere. Mica si ha la smania (e qui ci sarebbe da aprire un capitolo) di farsi vedere in front row o di mostrare a tutti che hai il posto a sedere e quindi sei più figo…
Il problema, nel caso in cui – ripetiamo – si ha a disposizione una buona visuale, non si porrebbe nemmeno se non fosse che alcuni uffici stampa adottano una sorta di razzismo nei confronti degli sventurati che il posto a sedere non ce l’hanno. Si arriva baldanzosi, con il biglietto in mano, ma si viene bloccati da nerboruti uomini scuri in giacca e cravatta con l’auricolare (eh, si sa, quando si deve salvare il mondo…) che ti bloccano. “La Sign.ra ha il posto a sedere?” “No. Sono in standing” “Allora, aspetti qui, per favore. Facciamo entrare prima chi ha il posto a sedere“. Che ci sta pure, in fin dei conti. E’ una questione di organizzazione, pensi.
E tu stai lì, in fila, pressata in mezzo ai tuoi compagni di sventura e spintonata da chi va di fretta perché arriva all’ultimo, ma ha il posto a sedere e ti passa davanti. Aspetti fino a quando non ti dicono di entrare. Ed è lì che avviene la cosa più sconvolgente. Appena metti piede dentro, la trovi lì, tutta schierata in bell’ordine la muraglia umana degli standing. Ma come fanno, pensi, ad essere già lì se hanno appena dato il permesso di entrare? Cosa c’è, una botola segreta a cui hanno accesso solo gli standing di prima classe? Come fanno, distraggono la sorveglianza col giochino dell’asino che vola e poi s’infilano di nascosto? Corrompono i buttafuori? La verità è che anche tra gli standing c’è una gerarchia. I rispettosi delle regole rimarranno sempre dietro. A vedere la sfilata tra le teste degli standing più furbi.
Pinella PETRONIO