Non v’è alcun dubbio: se i vini italiani sono tra i buoni al mondo, quelli toscani figurano tra i più prestigiosi del Belpaese. Brunello di Montalcino e Sangiovese sono solo alcuni dei gioielli da sorseggiare provenienti dalla Regione che ha dato i natali a geni quali Leonardo e Dante, e che vanta una secolare produzione enologica.
Una terra dai grappoli d’oro, vuoi per il succo delizioso vuoi per i risultati dell’ultima vendemmia.
Quella 2012, perdonate il gioco di parole, ha dato ottimi frutti proprio tra i filari dei vini sopracitati, tanto che il presidente del Consorzio Brunello di Montalcino, Fabrizio Bindocci, ha parlato di «un’annata dalle ottime possibilità di maturazione e affinamento, che potrà riservare piacevoli sorprese al termine dei quattro anni previsti dal disciplinare».
Nonostante la primavera fin troppo calda e la stagione estiva eccessivamente secca, le uve raccolte hanno raggiunto caratteristiche ottimali che hanno dato origine a vini prelibati e dal perfetto equilibrio. Certo, rispetto allo scorso anno si parla del 10% in meno, ma non per questo la qualità ne ha risentito.
Il Rosso di Montalcino 2012 presenta tuttora la freschezza ed il gusto fruttato tipico dei vini locali.
Nel Comune della provincia di Siena, poi, il comprensorio si estenda per 24.000 ettari ed è occupato per il 15% da vigneti, fonte primaria dell’economia dell’area. A dare la caratteristica in più che fa sì che il Montalcino sia tra i vini più apprezzati al mondo è senz’altro il meticoloso lavoro manuale: potatura secca, diradamento dei grappoli e scelta dei frutti migliori. Accoglienza e convivialità arricchiscono la portata di un piatto ghiotto, da godere in un panorama d’eccellenza.
E mentre si liba e si ama il desinare toscano, si fanno i conti con l’economia di questo sistema.
Qui si contano 250 produttori, di cui 208 imbottigliatori, tutti associati al Consorzio.
Dei 3.500 ettari di vigneto, 510 sono destinati alla coltivazione del Rosso, mentre i restanti 2.100 al Brunello.
A quest’ultimo è dedicato il Consorzio nato nel 1967, all’indomani del riconoscimento della etichetta D.O.C.: una libera associazione all’interno della quale i produttori tutelano il proprio vino valorizzandone le caratteristiche. Brindiamo anche a loro.
Giulia DONDONI