di Davide PASSONI
I temerari hanno tre grandi lavagne dove scrivono le loro imprese, lasciandone l’eco alla storia e all’immortalità: la terra, il cielo, il mare. Uomini spesso accomunati tra loro dall’avere al polso un orologio mitico durante l’esecuzione della loro impresa. Imprese che, oggi, ispirano a loro volta orologi destinati a durare nel tempo. Su questa filosofia vive TCM, giovane marchio indipendente dell’orologeria italiana che si prepara al salto nel mondo dei grandi delle lancette. Un salto nel buio o un rischio calcolato, un’impresa temeraria come quelle che raccontano i suoi orologi? Lasciamo che ce lo spieghi Luca Fontana, 23 anni, amministratore delegato di TCM.
I vostri orologi si ispirano a personaggi, miti, imprese belliche italiane. Che peso date al fatto di avere un’anima made in Italy?
Il fatto di essere un marchio made in Italy ha una grande potenzialità, ma deve essere comunicato nel modo giusto. Storicamente l’alta orologeria è Swiss Made e anche per noi, visto il percorso che ci vedrà spostarci verso una Mayre qualità e una più alta fascia di prezzo, il fatto di essere Swiss Made diventerà un obbligo. A quel punto la difficoltà starà nel comunicare correttamente che cosa vuol dire essere made in Italy e contemporaneamente Swiss Made.
Ecco, proviamoci…
Gli orologi TCM sono sempre stati in parte Swiss Made perché hanno sempre avuto un movimento svizzero. Contemporaneamente, però, sono orologi di spirito e cuore italiani. Le storie che raccontano, il loro gusto… sono tutti italiani. Da una parte, quindi, abbiamo questo e dall’altra la qualità garantita dallo Swiss Made, che è una scelta necessaria per aggredire mercati come quello americano, giapponese ecc…, dove essere Swiss Made è indispensabile se si propongono pezzi nelle fasce di prezzo verso le quali ci stiamo muovendo. Insomma, all’estero TCM è Swiss Made e cuore italiano.
Siete un marchio giovane in un mondo conservativo. La cosa vi crea disagio?
Il marchio è relativamente giovane, anche se fondato da due grandi esperti italiani di orologeria – Emilio Fontana in primis -, soprattutto nel settore della distribuzione. Da lì il marchio è stato trasferito a Giorgio e Niccolo Lattuada e in questo momento lo sto gestendo io, che ho solo 23 anni ma che fin da piccolo ho vissuto a pane e orologi, per retaggio familiare. Certo, la giovane età deve essere associata alla preparazione, perché mandare avanti un’azienda è difficile.
TCM è anche un orologio giovane?
Portiamo avanti un concept di orologi sportivi, che non potranno mai essere orologi “in abito da sera” sia perché, appunto, giovani, sia per una tendenza mondiale: i TCM saranno infatti meno “chiassosi” del passato, soprattutto nelle dimensioni dei calibri, perché il mondo oggi sta diventando meno chiassoso e ostentativo. Non vogliamo sposare del tutto questa filosofia, altrimenti faremmo un prodotto standardizzato e privo di anima, però dobbiamo riscoprire il gusto e la finezza che da sempre sono caratteristiche buone del fare italiano.
Tornando alle imprese che ispirano i vostri orologi…
TCM viene spesso associata al Ventennio fascista, perché molte delle storie che hanno ispirato i nostri orologi vengono da lì. In futuro affiancheremo a queste storie di coraggio anche storie più vicine a noi, per non restare troppo legati al passato, mettendo nei nuovi orologi contenuti tecnici mai utilizzati prima.
Perché vi volete spostare su fasce prezzo più elevate?
Per diversi fattori. In primis per una questione di creatività e libertà.
Ovvero?
Produrre un orologio come i nostri, magari un crono, che stia sotto i 2mila euro di prezzo è estremamente difficile, perché bisogna porsi dei limiti sui materiali, la ricerca, la sperimentazione. Inoltre, i prezzi dei movimenti stanno salendo sempre di più.
Tutto qui?
No, c’è naturalmente anche una questione commerciale. Per noi, piccola marca semiartigianale che produce circa 2mila pezzi all’anno, competere con gruppi che ne producono centinaia di migliaia vuol dire scontrarci con economie di scala che non possiamo permetterci di applicare; quindi abbiamo deciso di fare di un nostro punto debole un punto di forza: decade il concetto del prezzo in assoluto vantaggioso per creare orologi con un prezzo ragionevole per i contenuti tecnici che hanno. Se il nostro orologio ci costa X in produzione, aggiungiamo a questa X il giusto margine per far funzionare l’azienda, senza ricarichi folli.
Perché, oggi spendere cifre folli, per un orologio di pregio?
Fermiamoci a pensare. L’orologio meccanico, al di là dei suoi contenuti, costa più di un orologio al quarzo e tiene il tempo meno bene: perché dunque devo spendere di più per avere un oggetto che funziona peggio?
Ecco, perché?
Perché oltre a fare un acquisto voluttuario e di contenuto tecnico, chi lo compra effettua un acquisto che dura nel tempo. Un orologio meccanico lo posso tramandare, in uno al quarzo dopo un paio di decenni si esauriscono i moduli all’interno e lo si può buttare perché non è più riparabile. L’alto costo di molti orologi, oltre ai contenuti tecnici e alla voluttuarietà dell’acquisto, è dovuto a una questione di tramandabilità di un valore nel tempo. E questo aspetto raramente è percepito.
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