“Identità, forza e riconoscibilità”, Alberta Ferretti scandisce, senza alcuna esitazione e con tono fermo, i pilastri necessari per costruire un grande successo nel mondo della moda. Con la medesima risolutezza, mai scalfita dal dubbio (ossia dalle divagazioni di stile), ha costruito stagione dopo stagione il suo successo che le è valso il titolo di “Signora dell’eleganza”, miriade di riconoscimenti (anche quello di Cavaliere del Lavoro della Repubblica) e soprattutto la possibilità di realizzare il grande sogno di ogni stilista: vestire le donne di tutto il mondo. Da Rania di Giordania ad Emma Watson, la più luminosa tra le stelle della nuova Hollywood, sono tante le celebrities che scelgono l’eleganza firmata Alberta Ferretti. Per la prossima estate le vestirà di una positività tutta italiana, fatta di luce, colore e leggerezza, uno stile che è anche una filosofia di vita. Solo con questa coincidenza si può spiegare infatti la fedeltà ad uno spirito di donna, ad un’idea di moda sempre uguale, ma ogni volta nuova ed innovativa, fresca e contemporanea. Abbiamo incontrato Alberta Ferretti alla conferenza stampa di Project Runway Italia di cui sarà giudice accanto ad Eva Herzigova e Tomaso Trussardi. In questa nuova veste farà il suo debutto il 26 February (su FoxLife), poco più di una settimana dopo la sfilata dell’autunno inverno 2014 2015. Vestita di nero, piega impeccabile, senza alcun gioiello, parla di questa esperienza con grande entusiasmo.
Cosa ha spinto una grande stilista come lei ad accettare la partecipazione a Project Runway Italia?
Sono da sempre una donna che ama le sfide, era un progetto per me nuovo ed interessante anche se inerente al mio lavoro. Ero già stata ospite a Project Runway America ed era stata un’esperienza stimolante, oltre che molto divertente, per cui mi sono chiesta: perché non ripeterla in Italia e parlare di moda in un paese che fa la moda? Poterlo fare con serietà è la cosa che realmente mi interessava.
È sempre stata un personaggio molto discreto, come è stata l’esperienza di fronte alle telecamere?
Non l’ho trovata complicata, anzi è stata molto naturale, perché in fondo sono abituata a parlare del mio lavoro di fronte ad un microfono, che sia nel backstage di una sfilata, ad una cerimonia di premiazione o in uno studio televisivo non fa alcuna differenza. Voglio che la gente conosca il dietro le quinte di un mondo che oltre alla creatività richiede grande professionalità e passione.
Che giudice è stata per i concorrenti?
Spero di essere stata onesta, obiettiva e corretta. Ho dato loro dei suggerimenti per cercare di farli lavorare al meglio, ma ho mosso anche delle critiche che li stimolassero al necessario confronto. Non li ho mai considerati nell’ottica di ipotetici assistenti, per me era importante che esprimessero il loro stile. L’esperienza di giudice non è comunque facile, perché conosci il loro intero percorso, ne fai parte e diventa un’esperienza emotivamente intensa.
Dal punto di vista personale cosa l’ha colpita di più?
È bello accorgersi che c’è ancora grande passione, emozione, verità. Ho visto dei giovani animati da grande determinazione, molto attenti e desiderosi di dare il loro massimo in questa esperienza.
Le ha fatto tornare alla mente i suoi inizi?
Mi ritengo molto fortunata perché ho avuto una madre meravigliosa che mi ha fatto amare questo lavoro, la prima aria che ho respirato nel suo atelier sapeva di moda. Sono stata molto determinata nel raggiungere i miei obiettivi, e continuo ad essere curiosa e appassionata. Faccio questo lavoro come se fossi ancora agli inizi, perché in fondo la moda di impone di essere attenta ogni giorno a ciò che ti circonda, ti rendi conto che non hai mai imparato a sufficienza.
Il mondo della televisione è spesso accusato di essere volgare, l’esatto opposto quindi della sua moda…
Guardo molte cose diverse, ma ci sono programmi che intenzionalmente evito. La televisione è un mezzo di dialogo con i giovani fondamentale, anche perché ormai i suoi contenuti finiscono anche in rete. È uno strumento educativo fondamentale per cui si dovrebbe porre grande attenzione allo stile, alla lingua, al modo di porsi, al modo di comunicare.
Esponenti del mondo della moda nel governo sarebbero utili?
Non occorre che la moda entri in politica, ma che il governo la sostenga concretamente dato che è un’industria fondamentale per il paese, parla un linguaggio internazionale e racconta stile, altissima qualità ed eccellenza. A Milano è tornata a esserci una grande vivacità, non ho ancora conosciuto Jane Reeve, il nuovo amministratore delegato della Camera della Moda di cui mio fratello è consigliere, ma spero di incontrarla in occasione della settimana della moda.
Avverte responsabilità nei confronti dei suoi dipendenti e delle sue clienti?
La sento moltissimo nei confronti dei miei dipendenti dato che sono tanti, ma non si tratta solo di un senso di responsabilità derivante dalla mia posizione, perché in azienda ci sono moltissime persone che lavorano con me fin dagli inizi ed è bellissimo vederli animati dalla mia stessa energia ed intimamente partecipi del mio stesso progetto, è una vera condivisione. Quanto alle mie clienti, mi piace che si ritrovino nello stile Ferretti e che le faccia sentire a loro agio. La mia missione, e quindi la mia responsabilità, è rendere belle e femminili le donne.
La leggerezza, che è una delle caratteristiche della sua moda, è anche uno stile di vita?
Sì, ma si badi a non confondere la leggerezza con la superficialità, tuttavia non bisogna neanche restare schiacciati dalla gravità delle cose. Il mio credo è che vivere con leggerezza sia fondamentale per affrontare quotidianamente i problemi e rendere possibile ciò che oggi sembra difficile. Detesto l’ottusità dei disfattisti convinti di non potere cambiare nulla.
Da sempre le sue creazioni sono protagoniste dei red carpet, tra le sue clienti ci sono grandi dive del cinema e lei stessa è nata nella terra di Fellini, che rapporto ha con la settima arte?
Sono onnivora, guardo qualsiasi film mi capiti, seguo molto le mie sensazioni. Capita che guardi dei titoli anche in funzione delle mie ricerche, può sempre accadere che di fronte ad un film ricco di fantasia nasca l’idea per una collezione o le pellicole del passato suggeriscano un’attitudine femminile interessante. Purtroppo non ho ancora visto La grande bellezza, recupererò di certo la mancanza, ma spero che l’Italia stavolta venga premiata agli Oscar.
Andrea VIGNERI