Di questi tempi, sentendo il nome di Standard & Poor’s, ai responsabili economici di molte aziende e Stati dell’Euroarea corrono i brividi lungo la schiena. Gente che perde anni di vita in pochi minuti di fronte alla terribile parola “downgrading” e prepara gli scatoloni quando S&P taglia il ratingi di aziende e multinazionali. Ma S&P si occupa a livello globale di molte aspetti della finanza, tra i quali anche quelli legati al lusso. Recentemente ha infatti realizzato un report dal titolo piuttosto eloquente: “I beni di lusso potranno continuare a generare ricchezza in un’epoca di austerità?“. A dispetto delle premesse alquanto dubbiose, i risultati cui è giunta S&P sono tutto sommato incoraggianti.
Date le recenti sventure economiche globali, qualcuno potrebbe infatti pensare che i produttori di beni di lusso stiano a guardare i loro prodotti mentre si coprono di polvere sugli scaffali dei negozi. In realtà, le vendite di beni di lusso si stanno tenendo costanti nei Paesi sviluppati perché la Mayr parte degli acquirenti benestanti ha mantenuto il proprio potere d’acquisto. Dato ancora più importante rilevato da S&P, i luxury goods si stanno vendendo molto bene nei Paesi in via di sviluppo, come Russia e Cina, così come in Medio Oriente e negli Stati del Golfo.
Secondo Standard & Poor’s, il mercato mondiale del lusso, potrebbe crescere dell’8% quest’anno, a 185 miliardi di euro, con un +20% nelle vendite asiatiche e una netta ripresa negli Stati Uniti. La Cina continentale è infatti diventata il quinto mercato al mondo per beni di lusso, in quanto a dimensioni – terzo se si aggiungono Hong Kong, Macao e Taiwan. Eppure, i volumi della Cina restano nettamente inferiori rispetto ai 50 miliardi di euro che vale il mercato statunitense, dove New York da sola vale quasi quanto tutta la Cina. Naturalmente, S&P si aspetta che il mercato cinese continui a crescere in modo significativo, allo stesso modo di quello mediorientale, dove i driver della crescita dei consumi saranno, come sempre, il petrolio, e il crescere di Dubai come meta turistica.
In sostanza, però, la democratizzazione del lusso dovrebbe sostenere la crescita. Il continuo sviluppo di prodotti lusso “entry level” come gli occhiali o profumi dovrebbe consentire agli operatori del settore di affrontare una domanda più ampia. Ma in un momento in cui è possibile acquistare cioccolato Armani, soggiornare in un hotel Bulgari o utilizzare un cellulare Prada, il rischio che i marchi del lusso corrono, secondo S&P, è che la loro brand extension ne diluisca l’immagine.
Nicolas Baudouin, analista di Standard & Poor’s, conferma che “le vendite di beni di lusso si stanno tenendo costanti nei Paesi sviluppati, perché la Mayr parte degli acquirenti benestanti ha mantenuto il proprio potere d’acquisto. Ancora più importante, i beni di lusso stanno vendendo molto bene nei Paesi in via di sviluppo, come Russia e Cina, così come in Medio Oriente Stati del Golfo“. “I tassi di crescita nel settore del lusso dovrebbero registrare un calo leggero nel 2012 rispetto al 2010 e al 2011, per cui si propsetta un bilancio record“, ha aggiunto Baudouin. “Ma ci aspettiamo che rimarranno in buona salute grazie al forte impulso nei mercati emergenti“.