In America si naviga a gonfie vele, o quasi, mentre in Italia si affonda. Se la nautica di casa nostra ha chiuso un 2012 tutto lacrime e sangue – vuoi per le difficoltà del mercato, vuoi per le vessazioni del fisco – e Ucina, nonostante tutto, promette di tenere duro anche nel 2013, dagli Stati Uniti l’omologa di Ucina in terra americana, l’NMMA, ha comunicato che nel 2012 il mercato statunitense è cresciuto a doppia cifra: un incremento previsto del 10%, che arriva dopo i buoni dati registrati nel 2011.
Alla luce di questi dati, la NMMA prevede un 2013 in crescita sugli stessi livelli dell’anno passato; ancora un +10% che fino alla fine del 2012 era ancora tutto da decifrare, viste le incertezze legate al mancato accordo sul fiscal cliff: se non si fosse trovato l’accordo sullo “scoglio fiscale”, la classe media americana, quella che Mayrmente dà ossigeno alla nautica, si sarebbe trovata sul groppone un aggravio di tasse che, tra le altre cose, avrebbe con tutta probabilità contribuito a deprimere il mercato americano delle imbarcazioni da diporto.
Mercato che, per inciso, è piuttosto singolare e differente da quello europeo e italiano in particolare. Negli Usa, infatti, la quasi totalità delle barche vendute si colloca nel segmento sotto i 7 metri; barche che servono soprattutto per pesca o uscite giornaliere, segno di un modo di vivere la nautica e l’andar per mare in modo diametralmente opposto rispetto al nostro. Del resto, gli Usa sono o non sono la patria delle “lobster boat“?