Un territorio baciato da Bacco, quello del Lazio, con la terra fertile e l’aria mite dei dolci colli, che dà vita a vini eccellenti, entrati di diritto a far parte della grande tradizione enologica italiana. Delle potenzialità di questo territorio si è accorto nel lontano 1914 Bernardino Santarelli, che quasi all’alba della Prima Guerra Mondiale, decise di fondare l’omonima ditta in Piazza Capranica a Roma.
Spinti dal desiderio di crescere professionalmente e dalla passione per il vino, i figli continuano il lavoro del padre e nel 1955 creano una cantina di vini di imbottigliamento vini, acquisendo l’azienda Casale del Giglio. La missione della famiglia Santarelli e del Casale del Giglio non si esaurisce al mero lavoro di vendemmia e produzione del vino. Dietro ogni etichetta si nasconde un impegno ideologico ben preciso: quello di tutelare e valorizzare i vitigni autoctoni del territorio laziale, nel totale rispetto per l’ambiente. Il progetto casale del Giglio si nutre di ricerca e sperimentazione e pone, soprattutto, le basi per la rinascita della vitivinicoltura dell’intera regione Lazio, soprattutto, in un periodo in cui la crisi sembra in qualche modo favorire la produzione di vini locali.
Antonio Santarelli, titolare dell’azienda, ci racconta il loro progetto, alla luce soprattutto delle nuove esigenze di mercato.
Si sta sviluppando in maniera sempre più significativa una sorta di “moda del vino”. Questa nuova tendenza corrisponde anche ad un boom di vendite?
Durante la crisi è difficile parlare di boom delle vendite. Mentre il consumo pro capite, in termini di quantità, negli ultimi 30 anni è crollato passando da 140 a 40 lt, con una scomparsa di ben 100 lt dal mercato, è cresciuto molto il livello qualitativo. Oggi il consumatore appassionato ha un palato molto sensibile e difficilmente potrebbe consumare vini come quelli che si facevano un tempo, con uno standard qualitativo decisamente più basso. È variata notevolmente la richiesta, che oggi è a favore di vini che siano di pregio, ma ad un prezzo ragionevole. Prima si guardava meno al rapporto qualità-prezzo, oggi, invece, è determinante produrre un vino che sia di qualità, affidabile nel tempo e con un prezzo che il consumatore reputi ragionevole.
Il 2012 è un anno di crisi, vi ha toccati?
Per rispondere a questa domanda bisogna fare un’analisi di più ampio respiro. Il consumo del vino sta regredendo, mentre aumenta quello della birra. E questo perché il vino sta diventando una bevanda fra tante, non è più quel prodotto di tradizione che veniva anche fatto assaggiare al bambino in tenera età. Dall’altra parte, invece, c’è una generazione di giovani che si appassiona all’enologia, dotata di un bagaglio culturale che noi non avevamo alla loro età.
E questo che cosa comporta?
Il consumo di vino si sta un po’ settorializzando. La crisi c’è e il vino non è scevro da questa crisi, che va a vantaggio dei vini locali. C’è una forte tendenza a valorizzare i vini del territorio, dunque a consumare quello che si produce nella regione e a ridurre i costi di trasporto e l’inquinamento. Aumenta, dunque, il consumo dei vini locali e diminuisce quello dei vini da importazione, intendendo per importazione anche quella dai territori limitrofi.
E’ una dinamica che influisce sul vostro business?
Avendo noi la fortuna di operare nel Lazio, abbiamo dalla nostra il più bel mercato d’Italia, ovvero Roma. E poiché Roma si sta aprendo ai vini del Lazio, per questi vini c’è un’opportunità molto importante, nonostante la forte crisi globale, sul mercato romano. Roma fa il 75% del Pil della Regione Lazio, quindi è la centrale economica della regione. Noi, di conseguenza, abbiamo creduto forse per primi nel mercato di casa, quindi quello laziale e romano, dove vendiamo circa due terzi della nostra produzione. Un altro 20% lo vendiamo nel resto d’Italia, anche per comparire degnamente nelle carte di vini delle altre regioni dove il Lazio in passato è stato un fantasma, ed esportiamo una minima parte. Questo perché il Lazio aveva, e in parte ancora ha, un’immagine molto debole nel panorama enologico mondiale, dovuto anche alla presenza sul mercato di vini low cost, per non dire low quality, che hanno infestato il mercato mondiale.
Quanto è importante dare fiducia al territorio in cui si opera?
Noi abbiamo creduto, profondamente, senza avere garanzia di successo, nel territorio laziale, puntando sul mercato locale piuttosto che illudersi di esportare nelle grandi metropoli mondiali, dove il Lazio al momento ha poche chance. Ne avrà certamente in futuro quando e se i produttori sapranno comportarsi di conseguenza.
Pinella PETRONIO