di Davide PASSONI
Il lusso di un bagno decorato con le ceramiche made in Italy non ha prezzo. Lo sanno all’estero, lo sappiamo noi italiani che ci riconosciamo, senza peccare di immodestia, maestri mondiali nel design e nella creazione di ceramiche e piastrelle, di lusso e non.
Una maestria che è anche valore commerciale per l’economia del nostro Paese, dal momento che l’export 2011 è stato di oltre 3 miliardi e mezzo di euro e, nei primi 6 mesi del 2012, ci siamo attestati a quasi 1 miliardo e 900 milioni, con la prospettiva di fare meglio dello scorso anno. E, di questi tempi, avercene…
Il settore ceramico ha però subito la dura mazzata del terremoto in Emilia Romagna, che ha colpito il principale distretto di produzione italiano mettendo a rischio ricerca, sviluppo e fatturati. Per capire come continuare a essere leader mondiali del settore, al recente Cersaie abbiamo incontrato il presidente di Confindustria Ceramica, Franco Manfredini, che ci ha dato il suo punto di vista su mercato e prospettive.
Presidente, come reagisce il settore della ceramica agli effetti della crisi e del terremoto?
Sta reagendo come può reagire e deve reagire un settore che esporta l’80% della sua produzione, per metà nell’Unione Europea e per metà nel resto del mondo. Il nostro settore tiene in virtù di questa sua vocazione all’export, che fa in modo di compensare le aree di mercato deboli con aree di mercato nelle quali va meglio. Penso che questo sia l’aspetto più positivo del settore ceramico oggi, in Italia, perché ci permette di guardare il futuro e il presente con migliori prospettive.
Una delle frasi più ripetute al recente Cersaie è stata “qualità e innovazione come risposta alla crisi”: è davvero così?
Qualità e innovazione sono nel dna di ogni imprenditore, specialmente se opera nelle nostre condizioni di mercato. La crisi è una malattia curabile, bisogna che l’ammalato si curi da solo ma serve anche il contesto della “famiglia”, che aiuta a superare la crisi.
Ovvero?
Parlo del sistema economico italiano. Abbiamo bisogno del supporto del sistema Paese, abbiamo bisogno che non ci penalizzi. Non vogliamo aiuti e sovvenzioni di alcun tipo, chiediamo solo di non essere penalizzati dallo Stato in quanto produttori con una forte vocazione all’export. Ad esempio, quando lo Stato applica oneri fiscali sull’energia che noi usiamo per produrre, questa diventa un aspetto competitivo che ci spinge a essere meno performanti e commette un errore enorme, perché poi questo aggravio si paga due volte: se la fabbrica ha più oneri li deve trasferire sul prezzo finale del prodotto e se questo trasferimento significa meno competitività sul mercato, vuol dire che l’azienda a non cresce, non crea occupazione e non aumenta i salari di chi ci lavora.
C’è ottimismo tra i vostri associati?
L’ottimismo è quello che si è respirato al recente Cersaie: nei padiglioni si sono viste l’effervescenza del settore e le sue novità. L’ottimismo ce l’hanno i nostri imprenditori, l’ottimismo della volontà non manca. Si vedono gli investimenti, le innovazioni, i prodotti che ogni azienda continua a proporre per affrontare un mercato nel quale siamo l’eccellenza. Di fronte a tutto questo non posso che vedere positivo.