Marchi contraffatti, maison che fatturano, piccoli artigiani che soccombono. Ma come si fa? Siamo forse arrivati alla fine del mondo dei Maya? La scorsa settimana la Guardia di Finanza ha sequestrato oltre tremila oggetti fra Cd, Dvd, bigiotteria e pelletteria con i loghi falsificati di noti marchi della moda e del lusso, tra Napoli e Palermo. Negli stessi giorni, nel fermano, si apriva il processo alle nove persone, di cui un ex imprenditore del territorio, arrestati nell’estate del 2011 con l’accusa di aver immesso sul mercato più di 50 mila paia di Hogan contraffatte, ricavando proventi illeciti per circa due milioni di euro. Oggi a Mosca apre i battenti il Primo Forum internazionale “Anticontraffazione 2012”, evento patrocinato dal governo russo con la partecipazione di ministri, imprenditori ed esperti per contenere un mercato nero fiorente nell’ex URSS come in Cina, Paesi Baltici, Ucraina e Turkmenistan.
Di fatto, le scarpe tra gli oggetti più falsificati e venduti – il business sembra ripagare questi malfattori qua e la nello Stivale, ma in generale abbigliamento, tessile, moda e prodotti eno-gastronomici sono i prodotti più colpiti dai falsari. Ne abbiamo parlato con Antonio Franceschini, Responsabile Nazionale CNA Federmoda.
Come si salvaguarda il made in Italy della scarpa?
Innanzitutto salvaguardando il vero “made in Italy”. Nel contesto internazionale è fondamentale garantire che ciò che circola etichettato made in Italy, sia realmente un prodotto italiano. Serve quindi da parte delle Istituzione una vigilanza in tal senso e supportare il sistema imprenditoriale con politiche industriali adeguate che vanno dalle politiche di promozione del prodotto italiano a politiche per il trasferimento e la gestione delle conoscenze per portare nuove maestranze e management adeguato al settore per costruire il futuro dello stesso.
Quanto la contraffazione incide in termini di budget sul fatturato del settore?
Fonti INDICAM, WTO e OCSE, stimano tra il 7% e il 20% il peso delle vendite di merci contraffatte sull’intero commercio mondiale [il 20% riguarda tessile, moda e abbigliamento, nell’UE si stima un 22%]; in Italia si parla di un valore d’affari stimato in 7 miliardi di euro, il 50% di questi è riferito all’area TAC. Il falso non danneggia solo i prodotti copiati, ma anche i “non-marchiati” a causa dell’ingenerarsi di una concorrenza economica scorretta e culturalmente malsana. Danneggia inoltre quel sistema fatto da imprese contoterziste che operano in maniera trasparente e rispettosa delle regole.
Come si combatte?
Si deve far cultura su questo versante, i giovani devono capire e prendere consapevolezza di ciò che si muove dietro alla contraffazione, soprattutto poi per la specificità dei prodotti moda devono acquisire cultura della qualità, del valore intrinseco di un buon prodotto, del valore aggiunto dato dal saper fare. Questa problematica deve essere affrontata e combattuta, senza se e senza ma, dal Paese intero come Istituzioni, sistema delle rappresentanze e cittadini. Una partita complessa che deve essere giocata giorno dopo giorno. Non è pensabile, che questa pratica illegale possa essere vista come una fonte di sostentamento per persone deboli che si trovano nel nostro Paese. La partecipazione a questo crimine, pone queste persone in condizioni di sudditanza verso i gestori di questo “mercato del falso” e non è sicuramente la strada utile a costruire per loro un futuro e un principio di accoglienza in Italia.
ll che comporta anche un problema ambientale e sul piano della salute..
È necessario far comprendere che le produzioni contraffatte mettono a serio rischio la salute del consumatore perché spesso prodotte al di fuori del rispetto di ogni regola, contengono sostanze nocive per l’uomo. Merci che non rispettano nel loro ciclo produttivo le norme di tutela per l’ambiente.
Ha una proposta da lasciarci?
E’ necessario, quindi, da parte delle istituzioni, mettere in atto una forte e continua azione di sensibilizzazione sul consumatore. Occorre un’azione decisa, partendo specialmente dai giovani, perché si perda nel consumatore la percezione diffusa secondo cui la contraffazione è da un lato un problema limitato alle griffe più famose e all’industria dell’audiovisivo e dall’altro una forma di sostentamento di immigrati e disoccupati. Una opinione da combattere quella secondo cui la contraffazione verrebbe ad essere una sorta di ammortizzatore sociale che aiuta il sostentamento delle fasce più indigenti, perché impiega nella produzione maestranze che altrimenti non avrebbero altro lavoro, e nella vendita stranieri, quasi sempre extracomunitari, che diversamente sarebbero costretti a delinquere per potersi sostenere. È necessario far comprendere che la contraffazione è in realtà un fenomeno criminale al pari di altri; un fenomeno molto ampio, complesso e gestito in modo imprenditoriale da gruppi criminali organizzati in grado di muoversi abilmente sia nel mercato illegale sia nell’economia legale e capaci di gestire un universo di persone, e tra queste anche bambini, impiegate in un lavoro totalmente al di fuori delle regole, che spesso è più vicino a forme di schiavitù che di sfruttamento dei lavoratori.
Proprio a Firenze, cuore di uno dei distretti più produttivi del settore, quello toscano, è stato recentemente rinnovato l’Osservatorio Anticontraffazione, un organismo composto dall’arco quasi completo di istituzioni, associazioni di categoria e forze dell’ordine che anche quest’anno ha lanciato una campagna spot per difendere il cittadino dalla contraffazione. Con “Il falso danneggia tutti”, l’Osservatorio mira a non far registrare più dati come questi: 740.380 articoli contraffatti solo primo semestre 2012 gli articoli, +192 mila unità rispetto ai 547.790 del 2011 con un incremento del 60,5%.
Paola PERFETTI