di Davide PASSONI
Continua la chiacchierata con Mario Peserico, presidente di Assorologi.
Due o tre priorità per il 2013 che, come Assorologi, vi ponete…
Intanto il mantenimento del network dei dettaglianti, ma di questo si occupa di più Confcommercio, di cui facciamo parte.
Poi?
Poi c’è il grosso capitolo della contraffazione, il cui contrasto resta la priorità dell’associazione.
Una piaga…
La contraffazione è in continuo incremento e trova sul web il Mayre alleato. Internet vale il 30% del mercato dell’orologeria, un dato che non possiamo accettare, soprattutto vista la scarsa consapevolezza del consumatore finale rispetto al problema. Quando parliamo di questi dati ci riferiamo sia ai contraffattori palesi, che si appoggiano per il loro e-commerce su server all’estero, sia a piattaforme più globali come eBay, dove magari sono messi all’asta pezzi contraffatti ma di qualità e somiglianza all’originale molto superiori e spacciati per veri. Sappiamo che eBay non può controllare tutto ciò che viene messo in asta o in vendita sui suoi profili, ma sappiamo anche che quando individua qualche contraffattore e lo toglie dal sito, dopo 10 minuti questo ricompare su un altro sito con un altro nickname.
Un ragionamento che vale per ogni tipo di falso?
Non facciamo differenza tra falsi pacchiani spacciati per veri, falsi ben fatti spacciati per veri, falsi ben fatti venduti come tali.
Come Assorologi in che modo vi attivate?
Vogliamo che passi un messaggio culturale: è necessario comprare un orologio in modo da sapere che cosa si riceve e per fare questo bisogna comprare o nel negozio autorizzato o riferendosi al sito del marchio. Attenzione al web, perché non si sa che cosa si sta comprando, nemmeno nei forum più autorevoli. E non prendere sotto gamba il fenomeno, perché i cartelli contraffattivi fanno parte di cartelli criminali più ampi che da questo business guadagnano molto e reinvestono gli utili in traffici peggiori come quelli di armi, droga ecc…
Altra priorità?
La formazione. Negli ultimi 6-7 anni Assorologi ha contribuito a “ricostruire” la scuola di orologeria all’interno del Capac, il politecnico del commercio. La scuola aveva assunto col tempi una rilevanza sempre minore, anche perché dà spazio a una quindicina di allievi all’anno contro le centinaia delle altre scuole, nonostante costituisca un’eccellenza. Abbiamo riformato i programmi, ammodernato i laboratori con macchinari nuovi che le case hanno contribuito a far avere e gli allievi fanno degli stage nelle aziende di oltre un mese. La scuola ora dà spazio a 16 allievi per anno su due anni, ma le domande di iscrizione sono un centinaio, quasi sempre di ragazzi diplomati che vedono nella scuola una prospettiva, perché tutti i suoi diplomati trovano lavoro. Inoltre, la Regione Lombardia ha individuato nella scuola uno degli esempi di tutela delle arti e dei mestieri.
Infine?
Ultima priorità è l’analisi, l’elaborazione e la diffusione dei dati di mercato prodotti da Gfk relativamente al nostro settore, per avere sempre il polso della situazione e orientare gli associati. Inoltre, diamo anche supporto alle aziende per tutti gli aspetti normativi che non potrebbero seguire per mancanza di tempo e altri impegni, perché sono aspetti che meritano un’attenzione e un tempo quotidiani che magari non tutti possono avere.
Storicamente, il nostro è sempre stato un mercato di riferimento anche per la cultura del consumatore italiano in materia: è ancora così?
Sul fronte del gusto e della cultura non è cambiato nulla, anzi, si evolvono in maniera positiva. Però l’Italia, che è sempre stata il terzo mercato al mondo dietro Usa e Hong Kong, ora è al sesto posto. Sia la Cina, sia Singapore, sia la Germania ci hanno sorpassato e la Francia, che era staccatissima, ora si gioca con noi il sesto e il settimo posto.
Perché?
Sono dinamiche che appartengono al sistema Paese: l’Italia è meno attrattiva di una volta e tutto va di conseguenza. Perché devo lasciare i miei dati se compro un orologio di lusso? Perché, se sono un cittadino Ue, ho un tetto di 999,99 euro per i pagamenti in contanti? Se compro un orologio in Germania, non mi chiedono il passaporto in boutique. Insomma, il gusto in Italia rimane, ma si sta perdendo tutto quello che può sostenere i consumi legati a questo gusto.
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