L’Italia della moda è piena di storie belle. Piena di aziende fondate sull’unione familiare, sulla passione per il proprio mestiere, sulla voglia di fare bene e sull’amore per il Made in Italy. Questa è una di quelle storie. E’ la storia di Reda, azienda biellese che da quasi 150 anni produce pregiati tessuti di lana per le più importanti maison di moda italiane e straniere. Abbiamo avuto il piacere e il privilegio di incontrare Ercole Botto Poala, amministratore delegato di Successori Reda Spa, in occasione di Milano Unica, salone italiano del tessile, e con lui abbiamo chiacchierato di imprenditoria, Made in Italy e nuovi progetti.
Quali sono i vantaggi di un’azienda a conduzione familiare come la vostra?
I vantaggi sono enormi. Ma solo se si ha la capacità e l’intelligenza, soprattutto in un’azienda come la nostra giunta alla quarta generazione, di reinventare il business e interpretare in maniera attuale il modello di gestione dell’impresa. Non tutti i componenti della famiglia devono per forza rimanere a lavorare in azienda, chi mostra diverse attitudini e inclinazioni non deve avere l’obbligo di rimanere in azienda. Inoltre, credo sia fondamentale anche fare cultura sui ruoli e comprendere quali debbano rimanere interni alla famiglia e quali, invece, è più opportuno esternalizzare. All’interno della holding ad esempio ci sono solo membri della famiglia, nel consiglio di amministrazione, invece, ci sono anche dei membri esterni.
Vi capita mai di litigare tra di voi?
Certo, com’è normale che sia. può succedere che essendo in famiglia e avendo quindi meno inibizioni nel dire le cose, è possibile che le discussioni possano avere dei toni più accesi. Per ovviare a questo problema, infatti, ciascuno di noi è cresciuto professionalmente con uno zio, non direttamente con il padre. La confidenza che tra zio e nipote c’è, ma non è la stessa che può esserci tra un padre e un figlio.
Come mai nella holding non ci sono donne?
Perché molto semplicemente hanno scelto di fare altro nella loro vita. Una mia cugina ad esempio è medico. Ma è possibile che in futuro ci siano. Ogni genitore ha la possibilità di proporre un figlio che rimane in carica un anno. finito l’anno si valuta il suo operato e si decide se può o meno rimanere in azienda. Senza grandi patemi d’animo. Al momento nessuna donna è stata proposta. Ma molto onestamente credo che se ci fossero state le donne della famiglia, forse oggi saremmo un Gruppo anche più forte.
Il vostro è puro Made In Italy. Non avete mai pensato di dislocare la produzione?
Beh, ci abbiamo pensato, ma subito dopo ci siamo guardati in faccia e abbiamo pensato al nostro cliente tipo. Ci rivolgiamo ad un pubblico che ama il bello, ma soprattutto il ben fatto, che è disposto a pagare per avere qualcosa che sia veramente unica. Che senso avrebbe allora dislocare la produzione per abbassare i costi? Potremmo anche farlo, ma a quel punto, abbassando la qualità, cambieremmo target. Insomma, la cosa non ci interessa.
Com’è la situazione dell’imprenditoria italiana?
Credo che fare l’imprenditore in Italia non sia semplice. E non parlo soltanto di rischi legati al mondo dell’imprenditoria. Purtroppo chi fa l’imprenditore viene visto come una sorta di lestofante. La stampa quasi sempre di imprenditori furfanti, non vediamo quasi mai sui giornali esempi di imprenditoria positivi, di cui il nostro Paese può essere orgoglioso. Mai. In Italia vige la politica della diffidenza, si tende sempre a vedere il marcio. Non abbiamo quello spirito di orgoglio patriottico, come invece, accade negli Stati Uniti. C’è molta competizione tra gli stessi imprenditori. Siamo un Paese di rosiconi, pensiamo sempre male degli altri. Se hai fatto bene, allora significa che hai rubato. Non è un’invidia sana, che stimola alla competizione, ma alla demolizione dell’altro. In Italia lo sport nazionale è rosicare.
Da qualche anno avete deciso di affiancare al business dei tessuti anche quello dei capi d’abbigliamento. Con la nascita di Reda-Rewoolution avete rischiato…
Per crescere come gruppo dovevamo rischiare. Abbiamo pensato che per essere veramente completi dovessimo lanciare anche una linea di abbigliamento. Non abbiamo scelto il mercato dell’abito formale, anche perché è già saturo e poi perché saremmo andati in competizione con i nostri stessi clienti. Ci siamo fermati un attimo e abbiamo pensato a quelle che sono le nostre origini come azienda, abbiamo pensato al nostro heritage. Siamo esperti di lana, conosciamo questa materia prima eccezionale e le sue qualità. Dopo avere valutato bene, siamo dunque giunti alla conclusione che la chiave di volta stava nel lancio di una collezione di capi sportivi, ma eleganti, realizzati in lana, materiale eccezionale, in grado di tenere freschi più di quanto si immagina e che assorbe velocemente il sudore.
E’ un prodotto che funziona bene?
Sì, ci sta dando delle soddisfazioni. Il limite è che non abbiamo ancora una rete di distribuzione nostra. Anche se i capi sono acquistabili direttamente on line. Credo che da qui ai prossimi dieci anni ci sarà una vera rivoluzione nel modo d’acquisto, in consumatore cerca nuove esperienze. Sta a noi capire quali e cercare di anticipare le sue esigenze.
Per questo avete scelto di investire in Lanieri (nuova start up. n.d.r.)?
Sì, perché Lanieri rappresenta una crasi perfetta tra l’alta sartoria e un nuovo modo d’acquisto. I ragazzi che hanno creato il progetto sono riuscita a porta il concetto del tailor made sul web.
Pinella PETRONIO