Monumenti storici, vie suggestive lastricate di sampietrini, il profumo dell’amatriciana, il Ponentino e i vini rossi. Roma è tutto questo, ma anche molto di più. Quando si pensa alla città eterna si dovrebbe pensare anche alla moda, che ogni anno tiene nella capitale una delle sue più importanti manifestazioni: Alta RomAlta Moda.
Tra le storiche maison romane merita un posto di rilievo Gattinoni che rappresenta la dimostrazione tangibile di come si possa fare moda senza per forza di cose avere sede nella città meneghina. Oggi sotto la direzione creativa di Guillermo Mariotto, Gattinoni ha una storia importante, fatta di eccellenza, creatività e passione per la qualità e l’artigianalità.
Presidente della maison romana e consigliere di Camera Moda, Stefano Dominella è uno degli esponenti più illuminati della moda italiana. Con lui abbiamo parlato del valore e dell’importanza del Made in Italy, dei danni apportati dalla contraffazione al mercato e di crisi del settore.
Mostra a Roma: “60 anni di Made in Italy” e “Mostra itinerante Fernanda Gattinoni moda e stelle ai tempi della Hollywood sul Tevere”. Il Made in Italy è solo un valore astratto o in qualche modo un marchio che incentiva all’acquisto?
È diventato un marchio che non solo incentiva la gente a comprare, ma che vale all’Italia 69 miliardi di euro l’anno. Se è pur vero che una parte di questo marchio è fatto in nazioni terze come la Romania, la Bulgaria o la Cina, è anche vero comunque che il know how, la creatività e in molti casi la materia prima sono italiane.
Si sente parlare di crisi anche nel settore della moda. Gattinoni ne è stata coinvolta?
Gattinoni segue l’andamento generale. Anche per noi c’è stata una flessione negli ultimi due tre anni in particolare, come tutte le piccole e medie aziende che non hanno un’esportazione al 70/80% del proprio fatturato annuo.
Che lei ricordi, da quando fa questo mestiere, ci sono stati anni bui come quelli che stiamo vivendo?
Ne ho tanti di ricordi, ma posso dire che non ci sono mai stati anni come questi. Ci sono stati anni bui, soprattutto tra la fine degli ’80 e l’inizio dei ’90, per via della Guerra del Golfo. Ci fu un momento molto duro per la moda, perché si chiudeva in quegli anni il mercato mediorientale, che era molto forte, ma mai nulla di equiparabile a questi anni. Quella che stiamo vivendo non è solo una crisi di vendite ed acquisti, o di mercato europeo, siamo anche in mancanza di mercati nuovi e, soprattutto, c’è una crisi imprenditoriale in cui le banche non assistono i lavoratori autonomi. L’Europa e l’Italia in particolare, sta vivendo un momento nefasto.
In termini di fatturato, la vostra maison su cosa fa Mayrmente affidamento? Abiti o scarpe e accessori?
C’è stata una flessione di vendite di abiti negli ultimi anni. Sembra quasi che la moda non vada più di moda. E nel contempo c’è stato un aumento nella vendita di scarpe, borse e piccola pelletteria. Le donne si vestono con un abito da poco (vintage, delle grandi catene low cost o del marcatino), una pashmina, una borsa e delle scarpe bellissime. In questi ultimi 30 anni, la moda ha insegnato alle donne a vestirsi e di conseguenza qualunque donna sa vestirsi bene, pur con pochi soldi e puntando su un accessorio importante. Naturalmente a queste voci merceologiche serve un volano di immagine che è l’abbigliamento, quindi non possiamo chiudere il comparto dell’abbigliamento perché è quello che fa da traino a tutto il resto.
Quanto in termini economici la contraffazione nuoce all’industria della moda italiana?
Io non credo che la contraffazione incida in maniera violenta. In alcuni casi credo addirittura sia un veicolo di pubblicità. La signora che compra la borsa di Gucci sul tappetino dell’uomo di colore, non è quella che entra da Gucci a comprare la borsa. Ed è minimo in numero di quelle signore “furbe” che puntano sul loro aspetto elegante e sullo stivale griffato per fare passare per vera una borsa che in realtà non lo è, perché tanto passa per buona. Quindi, queste donne non spostano il fatturato.
L’industria moda muove davvero l’economia italiana?
Credo che la moda sia uno dei pochi settori che muove ancora una certa economia e la muove da sola, senza avere dal Governo né sovvenzioni né particolari “sconti”. L’Italia non ha miniere di diamanti, né miniere d’oro. Noi siamo famosi per il turismo e per la moda, che sono i due motori in questo momento che trainano l’economia del Paese.
L’Italia può ancora contare su nuove leve nel mondo della moda? Ci sarà una nuova generazione di Armani e Valentino?
Ci saranno e ci sono dei nuovi Valentino e Armani, ma in chiave moderna. Ed è per questo che dobbiamo dare una continuità, con l’appoggio dello Stato che dovrebbe aiutare soprattutto i giovani. Il settore della moda occupa un 30% di addetti ai lavori al di sotto dei 40 anni e credo che sia l’unico settore in questo senso, motivo per cui va assolutamente incentivato. Visto che è uno dei motori dell’economia il governo dovrebbe rendersi conto che abbi amo bisogno soprattutto di far nascere e continuare questo trend. L’Italia è patria di grandi talenti: pensiamo a Fausto Puglisi, a Francesco Scognamiglio, a Stella Jean, ad Aquilano e Rimondi, Citron e Piaggi o la stessa Frida Giannini o Piccioli e Chiuri. Ma tanti tanti altri ancora. La moda è un settore dove si dovrebbe fare leva e che si dovrebbe incentivare.
Gattinoni, sinonimo di tradizione ed eccellenza italiana e romana. Quali sono i segreti per rimanere nel Gotha della moda, innovandosi senza rinunciare alla tradizione?
La tradizione è qualcosa che va sempre contemporaneizzata sempre, altrimenti diventa vecchia, smette di essere tradizione e si trasforma in archivio. Quindi, grazie al contributo del nostro direttore creativo Guillermo Mariotto, siamo riusciti a rinverdire la tradizione e in molti casi a fare leva su una tradizione nuova che si è sempre distinta in questo senso. Non abbiamo mai ripreso la tradizione di Gattinoni degli anni passati. Se da una parte questo marchio ha il profumo della tradizione, dall’altro guardiamo sempre al contemporaneo e al futuro.
Pinella PETRONIO