La crisi del debito sovrano in Europa dichiara che è troppo presto per cantare vittoria.
Questa estate è esplosa costringendo l’Italia a una manovra “ferragostana” per far quadrare i conti pubblici, e il lusso tricolore nei prossimi mesi dovrà, dunque, affrontare nuove incognite economiche che si rifletteranno inevitabilmente sui bilanci.
“Partiamo dal dato positivo: le principali aziende italiane della moda quotate nel primo semestre hanno realizzato performance positive in termini di redditività, ricavi e profitti. La classifica per fatturato è guidata sempre da Luxottica (3,2 miliardi) che mette a segno un balzo di quasi il 7% rispetto al semestre di un anno fa. Gucci e Bottega Veneta risultano i migliori anche per redditività, seguiti da Prada e Tod’s. I buoni risultati si spiegano con la presenza nei Paesi emergenti, che hanno sofferto meno della crisi dei consumi e dove i grandi nomi riescono a fare numeri molto importanti a livello di vendite. Non a caso Prada ha deciso di quotarsi a Hong Kong e non a Piazza Affari. In questo senso i big del lusso, che possono contare su una distribuzione diretta nei mercati del Far East, sono stati avvantaggiati rispetto alle piccole e medie aziende che non hanno una organizzazione forte” spiega Carlo Pambianco, presidente di Pambianco Strategie di Impresa.
Andando nel dettaglio dell’analisi, emerge che nella prima metà del 2011 il fashion italiano ha macinato un giro d’affari di 9,8 miliardi di euro (+12,3%), mentre l’Ebitda sul fatturato (che misura la redditività) è salito al 21,2% e l’utile netto sui ricavi è migliorato dal 7% del primo semestre 2010 all’8,4%.
A trainare la crescita del panel preso in esame sono le stesse griffe che hanno ottenuto ottimi risultati anche nel 2010: ovvero Gucci, Bulgari, Bottega Veneta e Prada, tutti al di sopra dei venti punti percentuali di progresso; mantenere però questi ritmi di crescita nei prossimi mesi sarà però una mission impossibile per il sistema moda.
“A livello di Ebitda dovremmo aspettarci un calo di uno-due punti percentuali, mentre sul fronte del fatturato i buoni risultati ottenuti finora riusciranno, sull’intero 2011, a compensare parzialmente la frenata dei prossimi mesi“, mette in guardia Pambianco. E in questo processo, prosegue ancora, i brand italiani “potrebbero finire nel mirino di investitori asiatici, come per Salvatore Ferragamo o Sergio Tacchini“.
Passando al confronto tra il lusso italiano e quello oltre confine, l’indagine evidenzia un giro d’affari semestrale dei rivali esteri Mayre in termini assoluti (45,84 miliardi) anche se la crescita a livello percentuale è più modesta (+10,8%) rispetto a quella messa a segno dal Made in Italy.
Domina la graduatoria il gigante Lvmh, che realizza quasi un quarto dell’intero fatturato aggregato dei 18 gruppi analizzati. In seconda posizione, si piazza Adidas con un +13,4% (6,3 miliardi di euro), mentre i due simboli della moda low cost, H&M (5,7 miliardi) e Gap (4,67 miliardi), sono caratterizzati da una crescita delle vendite al lumicino.
Marco Poggi