di Enrico MASSERINI e Davide MAPELLI
Cercavamo da tempo il modo per parlare di lui ma non è affatto facile: la sua produzione è limitatissima, le novità arrivano col contagocce, per lui gli anni scorrono lenti ed il concetto del tempo stesso diventa assolutamente relativo… Signore e signori: Svend Andersen!
Sentiamo un certo brusio di fondo: dobbiamo dirlo più forte? Non lo conoscete? Va bene, siete perdonati, in fondo lui è così riservato che può starci, ma per gli addetti ai lavori è una sorta di mito vivente dell’orologeria.
Soprannominato – ormai tantissimi anni fa – “l’orologiaio dell’impossibile” il maestro deve la sua fama ad una serie di pezzi unici realizzati per Patek Philippe (siamo a cavallo tra i Sessanta ed i Settanta del secolo scorso), all’aver creato assieme ad un altro personaggio “cult” del settore – Vincent Calabrese – la A.H.C.I., acronimo di Académie Horologére des Créateurs Indépendants, la culla di tantissimi nuovi talenti del settore da quasi quarant’anni ed al successo di critica e pubblico ottenuto con le creazioni che portano il suo nome. Chiamato normalmente con l’appellativo di maestro ginevrino (la sua Maison si chiama appunto Andersen Genève) in realtà è di origini danesi come si può intuire dal nome ma, come per tanti altri casi, trovare una patria adottiva quando si ha successo diventa abbastanza facile…
Andersen ama il bello che si materializza attraverso una realizzazione difficile e si manifesta in un risultato immediato e spontaneo: queste sono le parole che forse meglio inquadrano il lavoro del maestro; tutti i suoi capolavori sono molto semplici d’aspetto ma racchiudono uno studio accurato ed hanno un’intrinseca difficoltà esecutiva.
La sua produzione del passato e del presente è costellata di orologi con la complicazione dell’ora universale: possiamo dire che sia stato lui a riprendere questo filone negli anni Ottanta del Novecento e lo ha riportato ai fasti degli Anni Quaranta e Cinquanta quando Patek Philippe regnava indisturbata coi suoi capolavori ricchi di smalti e casse sfarzose; in fondo Andersen ha assimilato anche lo stile di questi pezzi storici e lo ha incorporato nelle sue originali realizzazioni.
La novità di Basilea 2013, il Communication 750, è proprio un ore del mondo e riecheggia celebri modelli dello stesso genere quali il Mundus del 1984, il Communication 24 del 1985, il leggendario Christophorus Columbus del 1992 (celebrativo per i 500 anni della scoperta del continente americano).
Communication 750 – 750 sono i milioni di anni da quando il supercontinente Rodinia si è creato ed ha iniziato a separarsi dando origine ai continenti attuali – presenta una cassa perfettamente circolare che supera i 42mm di diametro, è realizzata in oro ed è composta da una lunetta superiore in oro rosa molto elegante e sottile cui si contrappone la lunetta inferiore, anch’essa in oro rosa, che altro non è che la parte esterna del fondello, perfettamente liscio con al centro l’immancabile oblò in zaffiro. Racchiusa tra questi due dischi in oro rosa troviamo la carrure in oro bianco con delicato motivo cannelé da cui dipartono semplici anse diritte (ma con un vezzoso ricciolo finale) anch’esse nel medesimo tono di oro. La corona che si erge sul lato è realizzata in oro bianco. Il risultato è un oggetto dal sapore d’altri tempi, il cui stile ricorda anche i Breguet vintage ma, come sempre, l’insieme è decisamente originale e rilancia l’accostamento, oggi abbastanza in disuso, dei due toni dell’oro in contrasto tra loro.
Come spesso accade negli ore del mondo, il quadrante è l’elemento caratterizzante del segnatempo: il disco centrale è realizzato in oro ed è di tonalità blu con effetto “spatolatura”, quasi un dipinto, reca all’estremità le ventiquattr’ore che, ruotando in senso antiorario, vanno via via indicando l’ora di ciascuna della 30 città di riferimento del globo allo scorrere del tempo (tutte e 30 contemporaneamente). Queste ultime sono raffigurate in tonalità blu sul disco esterno bianco e sono disposte su tre fasce concentriche (altro richiamo ai gloriosi Patek Anni Quaranta…) e possono ovviamente ruotare per raggiungere la corretta posizione in relazione all’ora locale selezionata. Nella più pura tradizione della Maison fatta di semplicità ed essenzialità le uniche altre indicazioni sono quelle di ore e minuti, ottenute tramite due lancette scheletrate a forma di freccia (o, se si preferisce, a rimandare una “A” stilizzata, iniziale del marchio). Del datario non v’è traccia, a riprova che il concetto guida del tempo per Andersen assume un tono sfumato, slegato dalla frenesia di tutti i giorni…
Il calibro, contemplabile attraverso il già menzionato zaffiro sul fondo, presenta finiture di altissimo livello ed una struttura costruttiva dei ponti estremamente classica e vanta una riserva di marcia pari a cinque (!) giorni. Il cinturino in cocco è nero e viene completato da una fibbia ad ardiglione anch’essa in oro.
Non abbiamo la presunzione di avervi trasmesso in così poco spazio la forza, il carattere e la filosofia di Svend Andersen, ma almeno di avervi acceso una lampadina, un tarlo di curiosità su cui lavorare.
Sì, perché senza tema di smentita, poniamo Andersen tra i grandissimi dell’orologeria e soprattutto uno dei pochi maestri contemporanei viventi che hanno già scritto intere pagine di storia (a caldo pensiamo anche a Franck Muller, Daniel Roth e Alain Silberstein per arrivare a tre) in modo originale e con il coraggio di uscire dal coro, segno di un eccezionale carattere e di un’innegabile maestria.
Inutile dire che le sue realizzazioni non sono per tutti, o meglio: tutti ne possono apprezzare la grandezza ma pochi ne possono godere direttamente la fisicità; per via dei numeri: quelli di produzione sono bassissimi, quelli che compongono le cifre del prezzo sono altissimi…
Andersen Communication 750, Baselworld 2013, Communication 750, complicazioni, orologi complicati, orologi di lusso, Svend Andersen
Lascia un commento