Era arrivata sulla scena internazionale conquistando il pubblico con il furbo, divertente, ammaliante richiamo del tormentone e con un’immagine bizzarra. Poi è diventata patinata, Lady Gaga ha indossato le scarpe (le armadillo di Alexander McQueen) che perfino le top rifiutavano di calzare per pochi minuti in passerella, ha rimpolpato con dichiarazioni “impegnate” il significato di esigui testi (tipo l’elenco della rubrica di Alejandro) e i suoi video sono diventati cortometraggi d’autore, sempre famosi però.
Dal video al limite della blasfemia di Steven Klein alla copertina dai riferimenti colti di Artpop realizzata da Jeff Koons, dalle performance al MoCa di Los Angeles con Francesco Vezzoli al ritiro di 3 giorni a New York per sessione intensiva di “metodo” con Marina Abramovic, dalla carne nuda sulla cover di Vogue Hommes Japan all’abito a sirena di Marc Jacobs su Vogue America, da Nicola Formichetti a Giorgio Armani, Lady Gaga sembra non avere trascurato nessuno.
Nomi eccellenti, tutti noti, se non notissimi. Quella di un artista per l’immagine, nel nuovo millennio soprattutto, è un’ossessione più che legittima: l’abito definisce le identità, veste i tempi, li racconta, li testimonia. Ma possibile che gli artisti con cui sceglie di collaborare siano quelli preferiti da Miuccia Prada, che i fotografi di fronte a cui posa senza veli siano solo gli stessi delle patinate riviste di moda? C’è un problema di fondo se ci si presenta come un’artista sperimentale, dedita alla ricerca, che vive se stessa come un’opera d’arte vivente (come si spiegherebbero se no i suoi travestimenti?), se poi l’ambito in cui ci si muove è ristretto dentro confini stretti del patinato e del mainstream.
Lady Gaga è stata al suo apparire e negli anni immediatamente successivi un fenomeno importante per la moda. Al di là delle sue acclamate e celebrate doti canore, il suo talento al pianoforte, è un’artista a tutto tondo, non a caso è stata scelta come testimonial da Donatella Versace, che di questa alleanza tra moda e musica è stata una degli artefici fin da quanto traghettava nel mondo del fratello Gianni le grandi star degli anni ’80 e ’90. Ieri Lady Gaga ha assistito in prima fila alla sfilata di Versace Atelier a Parigi, splendida in un abito da sera col cappuccio nero, in prfetto mood della collezione ispirata al mito di Grace Jones. Ha posato con l’amica Donatella, di cui sembra la sorella gemella: non cantava forse: “I’m blonde, I’m skinny…”?
E in questo momento della carriera di Lady Gaga il suo fattore moda sembra contare più di quello musica: se Artpop è stato un flop, ammesso implicitamente dalle dichiarazioni della cantante sulla tragica realizzazione del video di Do what u want, ci ricordiamo tutti le quotidiane uscite di Gaga dall’hotel di Londra nei giorni precedenti all’uscita o le splendide foto di Mert Alas & Marcus Piggott che la ritraggono in un elegante salotto per Versace.
Andrea VIGNERI