Dopo il periodo d’oro dei paninari, che non uscivano di casa senza l’adorato Moncler, sembrava che il brand più amato degli Anni ’80 fosse stato messo da parte dalle generazioni successive, attirare da marchi e modelli più innovativi.
Ma le cose sono cambiate dieci anni fa, quanto Remo Ruffini ha rilevato la maison francese e tornare alle origini, quelle che avevano decretato il successo stellare del marchio, e che avevano contribuito a sdoganare il piumino facendolo “sfilare“ non solo in alta quota, ma anche in città.
E infatti, conferma Ruffini: “Oggi i nostri giubbotti li indossa lo skater come la signora alla prima della Scala“.
La seconda vita di Moncler pare sia solo all’inizio, ed è molto promettente. Non solo il marchio ha raggiunto fama internazionale, ma ha anche decuplicato il suo fatturato.
Il prossimo passaggio è la quotazione in Borsa, previsto per la seconda settimana di dicembre, e l’attesa è già alle stelle.
Lo sbarco in Piazza Affari, Ruffini non lo nasconde, ha per l’azienda un valore enorme: “a cominciare dal fatto che ci proietterà in cima alle vette del lusso. Ma contiamo anche di riuscire a raggiungere, in questo modo, una notorietà diversa sul mercato che ci aprirà porte nuove. Anche in termini di risorse umane. In ogni caso, la quotazione rappresenta un modo per consolidare una prima parte del nostro lavoro e poi è anche un nuovo inizio per cercare di conquistare altri mercati“.
Le mete verso le quali Moncler ha puntato la rotta sono, in particolare, Stati Uniti e Giappone, dove esistono già alcuni negozi, anche se non ne sono state sfruttate ancora tutte le potenzialità.
Un mercato del tutto nuovo, invece, è la Russia, dove però il brand approderà già a January, con un’apertura a Mosca, per poi dirigersi a San Pietroburgo e proseguire verso l’Ucraina o il Kazakistan.
Entro i prossimi due o tre anni, invece, si punterà a Canada e Brasile.
Del resto, come spesso avviene, il Made in Italy deve gran parte del suo fatturato ai commerci esteri, come testimonia ancora una volta Ruffini: “Il Made in Italy è un settore che dovrà per forza guardare sempre più all’estero. Noi oggi facciamo il 74% del fatturato fuori dall’Italia. Dieci anni fa era circa il 10% e l’obiettivo è che tra cinque anni diventi l’85%. Ma oggi a comandare il gioco sono sempre di più i gusti dei nuovi mercati. Stanno cambiando a gran velocità e diventano sempre più sofisticati. Bisogna stare con le antenne sempre alzate. Non si può vivere sugli allori e occorre aggiornare continuamente le proprie strategie, e avere un feedback chiaro e il più possibile rapido dai nuovi consumatori perché la loro mentalità cambia molto in fretta e anche radicalmente“.
Nonostante Moncler strizzi l’occhio ai mercati emergenti, nessuno ha intenzione di trasferire altrove la produzione che, per essere di qualità, deve rimanere in Europa, almeno per il numero uno del marchio: “Continuiamo a credere che un prodotto di alta qualità si possa realizzare solo se c’è la garanzia del controllo. Nei Paesi del Far East non sarebbe possibile ottener le caratteristiche che offriamo. Per questo vogliamo che i nostri capi siano fatti vicino al nostro quartier generale, a Padova mentre acquisiamo direttamente in Italia e in Europa la miglior qualità di piuma”.
La politica del brand, inoltre, punta alla vendita diretta senza intermediari, franchising o agenti che siano, per fa sentire il consumatore più vicino all’azienda, senza anelli supplementari ad allungare la catena che parte dalla produzione e arriva alla distribuzione.
Remo Ruffini ha tanti progetti, dunque, che fanno presagire ad un lungo legame a Moncler, come lui stesso ha ribadito: “Non ho intenzione di separarmi dalla mia quota attuale del 32%. Voglio restare un punto di riferimento in azienda. I fondi invece scenderanno. Sento che questa è la mia azienda. Ci sono ancora molte altre sfide da affrontare, questo sì è sicuro. Come è certo che un sogno portato avanti con tanta passione non si lascia a metà“.
Vera MORETTI