Il profumo della zagara e del mare, le pietre degli edifici che raccontano le storie dei popoli che l’hanno posseduta e da cui si sente ancora l’eco delle voci dei saraceni che arrivavano per conquistarla. Marella Ferrera racconta nelle sue collezioni la storia di una terra, la Sicilia, luogo di partenza e di ritorno. I suoi abiti parlano della natura ancora selvaggia dell’isola, da cui non è riuscita mai a staccarsi, anche quando viveva a Milano e faceva sfilare le sue collezioni a Milano moda donna. Un’isola da cui trae linfa vitale per le sue creazioni e a cui è tornata, credendo nelle sue potenzialità e nella sua capacità di fare rete e creare impresa. Ce ne parla in questa intervista.
Quanto è importante la Sicilia nelle sue collezioni e nella sua vita?
Ho un legame indissolubile con la mia terra: è una fonte che si rigenera e che rigenera. Ho osservato ciò che mi circondava ed ho raccontato una storia fatta di pezze, di amore e di spine. Ho creduto nel potenziale della Sicilia ed il non aver reciso il cordone ombelicale che mi lega a lei è uno dei fattori che ha permesso la mia realizzazione umana e professionale: ho tratto la linfa creativa per il mio lavoro e continuo a farlo. Quest’isola e, più in generale, il Mediterraneo, è luogo di contaminazione, dove le storie e le culture si sono incrociate. La Sicilia ha visto, ascoltato, assaporato e anche sofferto, ma ha vissuto ed è stata vissuta da tanti popoli; è stata contaminata ed ha contaminato chi con sé ha portato un pezzo di mare, di terra o di vento.
Quindi le sue collezioni parlano di questo mondo poliedrico…
Attraverso le mie creazioni racconto storie di Sicilia. Ritornare a queste radici di intreccio multiculturale è, a mio parere, il modo migliore per gettare le basi del futuro. La Sicilia è una terra di approdo, ma è anche una terra da cui si parte, come quando negli anni ’20 tanti uomini e donne salparono per raggiungere l’America. Un lungo viaggio per un mondo nuovo, una fuga per poi ritornare. Io ho attinto dalla natura, ho ricercato e ritrovato la bellezza. Ho guardato le architetture e le ho interpretate come carte da ricamo, ho tratto ispirazione dalle fronti dei pescatori corrugate dal sole e mi sono persa tra le loro reti da pesca, mi sono chiesta se la pietra lavica potesse diventare leggera… Ed ho avuto le mie risposte, perché la Sicilia è una fucina di input. Basta saper cogliere il dettaglio, con curiosità. Intendo la Sicilianità come la traduzione di un modo di “sentire”. Le mie creazioni abbracciano la terra, evocano profumi di zagara e gelsomino, sono il risultato di un lungo pensare, ma di un diretto evolversi di connessioni tra natura e materia.
Ha sfilato a Milano Moda Donna e ha vissuto nella capitale meneghina, come mai la scelta di tornare poi in Sicilia?
Milano mi ha vista attiva con il prêt-à-porter fino al 2005, anno in cui ho scelto di dedicarmi totalmente ed esclusivamente all’haute couture, troppo lontana dalle logiche che il pret-à-porter impone. Forse sono stata eccessivamente “visionaria” per il periodo storico in cui ho operato, ma anticipare le mode e non omologarmi, prediligere l’alta sartorialità e la cura dei dettagli al fine di realizzare qualcosa di unico, è stata una scelta che ha cambiato inevitabilmente i miei circuiti e spazi lavorativi e che molti colleghi stilisti hanno condiviso. Ho creduto nella mia terra, contro ogni previsione e preconcetto. Ho investito nel potenziale che la Sicilia possiede, senza non pochi sacrifici. Ma questa isola dà e nella sua generosità è anche in grado di imparare ad accogliere le novità.
Ritiene che in Sicilia ci sia modo, oggi, di fare impresa?
La chiave è riuscire a fare rete. Coinvolgere più realtà che possano contribuire alla riuscita di un progetto. Queste realtà esistono e sono in espansione. A partire da“Orange Fiber”, fibra tessile ricavata dalle arance di Sicilia: due eccellenze italiane, l’industria tessile e la produzione agrumicola, che insieme hanno sostenuto la moda etica e sostenibile. Hanno ottenuto un procedimento per estrarre la cellulosa dalle arance di Sicilia al macero per le varie imperfezioni che le rendono inadatte al mercato alimentare o cosmetico e attraverso nanotecnologie si è inoltre riusciti ad applicare ai vestiti delle microcapsule che rilasciano vitamine A, C ed E a contatto con la pelle. Io ho voluto e creduto in That’Sicily. Sono stata spinta dalla volontà di creare qualcosa di nuovo, un “souvenir d’autore” che potesse essere il simbolo di una Sicilia colta, consapevole… e perché no, ironica. Ironica come una “lapa” decorata esattamente come un carretto siciliano sul quale trasportare piccole e grandi creazioni, frutto di collaborazioni con artisti visionari appartenenti alla filiera delle eccellenze sicule che come ed insieme a me hanno creduto nella possibilità di ridisegnare la Sicilia attraverso la rivisitazione delle icone tradizionali, ricche di Storia e folklore. That’Sicily! Un’esclamazione naturale, poiché da ogni oggetto traspare una realtà oggettiva: questa è la Sicilia che vogliamo vedere e sentire elogiare nel mondo: un po’ nomade come lo è sempre stata, ibrida come l’hanno resa i popoli che l’hanno conquistata.
Pensa che siamo finalmente riusciti ad uscire dalla fantomatica crisi di cui si parla ormai da anni?
Lo stato attuale dell’economia non è florido ed anche il settore Moda ne ha risentito, ma affinché la “macchina” possa funzionare si deve agire, investire e credere in un miglioramento. Ci stiamo impegnando su tanti fronti ed in nuovi progetti, come ad esempio il nuovo brand That’Sicily… Questa è la Sicilia che deve essere conosciuta. Per quanto mi riguarda sicuramente non è stato semplice restare sulla cresta dell’onda. La vita dello stilista affonda le radici in un terreno difficile da coltivare. Nonostante abbia avuto l’opportunità di crescere quando i grandi del settore hanno “fatto” la storia del Fashion, l’unico modo per continuare superando le avversità è stato il costante rinnovamento attraverso la sperimentazione, ma soprattutto comprendendo le conseguenze che l’evoluzione e l’involuzione dell’economia hanno portato. Un cambiamento epocale che è in atto da molto tempo, ma che solo negli ultimi anni si tocca con mano.
Pinella PETRONIO