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Le signore del tempo

Maggio 23, 2011 by Redazione Lascia un commento

di Davide PASSONI

Tempo: sostantivo maschile singolare. Orologio: sostantivo maschile singolare. Pisa Orologeria: sostantivo femminile plurale. No, non c’è nessun errore. In un mondo come quello dell’alta orologeria, storicamente molto maschile, c’è la realtà milanese di Pisa Orologeria al cui timone ci sono quattro signore, che portano avanti con profitto quella che da decenni è una vera istituzione cittadina nel campo dello stile. Il Giornale del Lusso ha incontrato una di queste “signore del tempo”, Stefania Bravi Pisa, 43 anni, responsabile marketing e comunicazione di Pisa Orologeria, per parlare con lei di questo caso di imprenditoria di successo tutta in rosa.

Davvero è ancora così maschile il mondo dell’orologeria?
Direi di sì: anche se le donne cominciano a comprare per se stesse, di solito è sempre il marito che sceglie l’orologio per la moglie.

E dunque che cosa significa gestire un’attività come la vostra, oggi, in una città come Milano?
Vuol dire essere sempre aperti al cambiamento e capaci di stare sul mercato da protagonisti. All’inizio l’orologeria Pisa di via Verri era un negozio piccolo, che negli ultimi 15-20 ha però sviluppato un lavoro importante nonostante la dimensione della sede. Siamo stati spesso capaci di intuire l’opportunità di rappresentare dei marchi sconosciuti agli inizi della loro storia, per venderli in Italia; marchi che poi sono diventati dei brand di riferimento, come Franck Muller o altri. Poi, 4 o 5 anni fa, dopo aver capito che le dimensioni ridotte impedivano il nostro sviluppo commerciale e la nostra capacità di rappresentare al meglio i marchi che vendevamo, abbiamo ampliato il punto vendita acquisendo gli spazi contigui. Siamo così passati a un negozio che, pur continuando a essere multibrand, dà ai vari marchi la possibilità di esprimersi al meglio in termini di immagine, offrendo anche un assortimento diversificato.

Già, perché, ricordiamolo, Pisa Orologeria è sempre stato un negozio multibrand.
Pisa ha sempre puntato a rappresentare ogni marchio in concessione nel miglior modo possibile. In questo senso siamo sempre stati un po’ più avanti degli altri, abbiamo sempre rischiato e devo dire che il rischio ha pagato: un passo avanti rispetto alla tendenza, alla moda, al successo di un marchio.

E poi?
Abbiamo quindi dapprima ampliato il negozio multibrand e poi realizzato il sogno di mamma e zia, proprietarie dell’azienda, che da tempo volevano un negozio in via Montenapoleone che fosse qualcosa che andasse al di là della bottega. Acquisendo gli spazi del palazzetto ex Mortarotti di via Montenapoleone per realizzare il nuovo negozio, abbiamo fatto questo ragionamento: “Dove va il mercato dell’orologeria e dove va, in questo mercato, Milano?”.

Risposta?
Ormai da anni la clientela non era più solo quella milanese o italiana, ma l’apertura dei mercati emergenti ci ha portati ad allearci con i due marchi che riteniamo fondamentali, Rolex e Patek Philippe, e a dedicare a ciascuno di essi un negozio monomarca. Tant’è che la proposta, per quanto riguarda Rolex è stata accolta come una grande opportunità sia dalla Rolex Italia che dalla Rolex di Ginevra: non a caso, il nostro è stato il primo flagship store aperto in Europa, nel May 2008. Stessa operazione è stata fatta con lo spazio monomarca Patek Philippe, realizzato nello storico negozio di via Verri. Sono due iniziative che si sono rivelate più che soddisfacenti e che ci hanno aperto, oltre alla classica clientela milanese, tutto il mondo della clientela straniera che trova nel monomarca una sicurezza nell’acquisto, oltre a un assortimento impensabile nei multibrand.

Stefania Bravi Pisa, responsabile marketing e comunicazione Pisa Orologeria Le signore del tempo di Pisa orologeria Il monomarca Rolex di Milano, by Pisa Orologeria Il monomarca Patek Philippe di Milano, by Pisa Orologeria

A oggi avete più clienti italiani o stranieri?
Siamo più o meno al 50% tra clienti italiani e stranieri, e tanti di questi ultimi sono abituali. Spero anche grazie a un buon passaparola tra di loro.

E i milanesi?
Sono clienti affezionati ormai alla terza generazione, come noi. Io e mia cugina Chiara siamo la terza generazione, mamma e zia la seconda, che ha ereditato dal padre l’attività, fondata nel 1940. Diciamo che noi vediamo i nipoti di quelli che erano i clienti degli inizi.

Vi è mai balenata in testa la tentazione di diventare un monomarca unico?
Sarebbe un’operazione difficile, anche perché Rolex e Patek Philippe, pur essendo marchi diversi fra loro, sono due brand “inevitabili”, sono quelli che possono reggere un monomarca. Di tutti gli altri marchi, che vendiamo molto bene, credo che non molti abbiano oggi la forza, in Italia, di reggere una boutique monomarca.

Il cliente di Pisa è diventato negli anni più consapevole di ciò che acquista o è sempre stato un cliente competente?
La sensazione è che ci sia una fetta di clientela formata da appassionati e collezionisti che acquista un orologio perché ne apprezza soprattutto il valore tecnico e meccanico, oltre che quello estetico e funzionale. La gran parte dei nostri clienti è però formata da persone che comprano principalmente perché il prodotto piace, perché è di un certo brand, perché pensa che comprare un marchio piuttosto che un altro sia un investimento. Soprattutto lo straniero è un cliente che compra il brand e che compra quello che piace agli europei e particolarmente agli italiani.

Siamo ancora i trend setter, quindi?
Rispetto ai Paesi emergenti l’Italia non è più un mercato di riferimento come qualche anno fa, ma di certo la tendenza la facciamo ancora noi, in Europa e nel mondo. Un po’ come nel campo della moda.

Che cosa è il tempo per lei, visto che, in un certo senso, lo vende?
Per me il tempo è qualcosa di interpretabile molto soggettivamente. Prova ne sia l’iniziativa “Progettare il tempo”, che abbiamo realizzato in occasione del recente Salone del Mobile: un’iniziativa fatta con diversi designer che hanno dato la loro interpretazione del tempo, al di là di quella tradizionale o legata al prodotto. Tant’è vero che nessuna delle loro creazioni richiama un orologio. Per me, comunque, è più un compagno che un’ossessione.

Se un nuovo brand si presentasse sul mercato e chiedesse di entrare in concessione da Pisa, che caratteristiche dovrebbe avere per essere accettato?
Senz’altro alta qualità di prodotto e semplicità. Una tendenza, questa del ritorno all’essenziale, che negli ultimi anni traspare in maniera chiara dalle fiere di prodotto; un riscoprire forme e soluzioni lontane da certi eccessi cui anche l’alta orologeria aveva finito per cedere, a scapito dell’eleganza, della proporzione, della misura. Ecco, per noi un buon marchio deve unire qualità e misura.

Preferisce i solo tempo o i cronografi?
Solo tempo, direi.

E qual è l’orologio suo cui è più affezionata?
Un Rolex Datejust dell’84, vetroplastica, che è quello che mi metto sempre. Tutti gli altri mi piacciono, però un po’ come nella moda, in cui c’è il capo che indosseresti sempre, il mio orologio feticcio è proprio questo Datejust.

E il prossimo acquisto?
Lo scorso anno mi sono comprata un Royal Oak Off Shore, perché preferisco gli orologi da uomo rispetto a quelli da donna e  perché Audemars Piguet è un brand che mi piace molto. Se dovessi comprare ora un orologio… forse un ore del mondo da donna in oro bianco con ghiera di brillanti di Patek Philippe che ho visto in fiera a Basilea, una misura media che trovo molto bella.

Pisa era ed è una storia di famiglia: resterà sempre tale?
Penso proprio di sì.

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