Non è stato un grande inizio di 2014 per i titoli del lusso quotati alla Borsa di Milano. Molto spesso più deboli degli altri, hanno brillato in tante sedute ma, in generale, non sono stati i campioni di Piazza Affari in questi primi tre mesi dell’anno.
Una debolezza che viene da lontano, visto che la Mayr parte dei marchi del lusso ha vissuto un 2013 complesso, sia per il rallentamento della crescita del settore in tutto il mondo, sia perché le valute dei Paesi emergenti, i veri consumatori del lusso, hanno sofferto molto lo scorso anno riversando la loro sofferenza sui conti delle società del lusso.
Specchio di questa situazione i bilanci di marchi come Tod’s, Brunello Cucinelli e Salvatore Ferragamo. Quest’ultima capitalizza in Borsa 3,8 miliardi, 3 Tod’s e 1,3 miliardi Brunello Cucinelli. Capitalizzazioni che non sempre sono armoniche con i risultati 2013.
Tod’s ha confermato un dividendo di 2,7 euro per azione, a fronte di ricavi per 967 milioni dai 963 milioni del 2012; però, l’utile netto è calato a 134 milioni a causa dei tassi di cambio sfavorevoli.
Performance migliori per Brunello Cucinelli, a Piazza Affari da meno di 2 anni: rispetto all’esercizio 2012 ha staccato una cedola da 11 centesimi per azione rispetto agli 8 centesimi dello scorso anno. I ricavi in crescita del 15,5% a 322,5 milioni, l’utile netto su del 10,9% a 29,6 milioni.
Bene anche Salvatore Ferragamo, la cui cedola è cresciuta, da 33 a 40 centesimi per azione, così come i ricavi, +9% a 1,258 miliardi. Su anche l’utile netto +43% a 150 milioni e il margine operativo lordo, +13% a 219 milioni.
Passando a un indicatore importante come il rapporto tra margini e ricavi, troviamo Brunello Cucinelli al 18%, Salvatore Ferragamo al 20,7%, Tod’s al 24,4%. Nel caso dell’azienda di Della Valle, il problema che pesa su questo rapporto poco brillante è l’eccessiva concentrazione delle vendite sul mercato italiano, specialmente per quanto riguarda marchi come Fay e Hogan. Ferragamo avrebbe potuto fare di più e meglio se non avesse dovuto fronteggiare il calo delle vendite dell’abbigliamento, mentre la crescita degli utili di Cucinelli ha pagato oltremodo gli investimenti effettuati nei negozi.
In generale il 2014 si presenta come un anno altalenante. Se da una parte la crescita della Cina pare proseguire ma con ritmi più lenti e molti Paesi asiatici o dell’America Latina soffrono ancora di una certa instabilità valutaria, dall’altra i forti segnali di ripresa in altri grossi mercati del lusso, come Nord America, Giappone e parte dell’Europa fanno ben sperare queste eccellenze del made in Italy. Dal loro andamento dipende buona parte della nostra economia.