di Paola PERFETTI
Se la classe non è acqua, se buon sangue non mente e se è vero che, meteo permettendo, nell’aria c’è profumo di primavera ed è finalmente tempo di vivere all’aria aperta, in questo March pazzerello in cui tira un gran vento c’è un modo per essere pronti e chic, ma sempre all’insegna dell’unicità: attrezzarsi scegliendo l’accessorio più chic di sempre, il cappello.
Ricordate il nostro focus sui cappellai più interessanti d’Italia? Dopo aver cavalcato la fredda stagione eccoci pronti a raccontarvi la storia di Paola Morra, il cui marchio promette bene: Cappellinfantasia!
Per Lei il cappello é…
Per me il cappello è un accessorio ma è anche una sorta di mascherata. Con il cappello ti mascheri. Per me una donna che indossa il cappello è una donna che HA una personalità. Tutto dipende dal modello che si sceglie.
Ovvero?
Io metto un cappello a secondo dell’umore. Sono arrabbiata? Ne indosso uno che mi copre il viso, calato sulla testa. Ma se sono allegra o innamorata, allora divento frivola e anche il cappello dev’essere come me: spumeggiante! Quindi via a piume, velette, velluti, metalli, sete, spugne.
Dal cappello si capisce il carattere lo stato d’ animo: ogni donna dovrebbe averne almeno tre. Ed anche se i tempi sono cambiati e nel quotidiano siamo diventate essenzialiste, il cappello va indossato, in fondo conclude e definisce.
Quali sono per lei i colori, i materiali, le forme di questa primavera estate?
Io uso la paglia, per qui sicuramente questa estate andrà ancora il beige, come base. Ma in estate sono belli il ciclamino, l’arancione, il turchese, sicuramente il verde. Questi sono i miei colori.
Ha delle icone del passato a cui si ispira: personaggi, donne…
No. Non mi ispiro mai a nessuno. Ho dei ricordi molto vaghi che riguardano la mia infanzia. Una mia zia, ad essere precisa era la zia di madre, era una famosissima modista napoletana negli anni ’50. Si chiamava Ninetta Lamagna. Io mi ricordo che quando andavo da lei, in questo laboratorio, mi sedevo insieme a loro. Ricordo che c’erano quelle belle signore della buona società napoletana che andavano a farsi confezionare i cappelli e ricordo tutte le signore che lavoravano. Ricordo i tessuti, ricordo le forme, le teste di legno. Mi ricordo le mimose che loro usavano: facevano questi cappelli fantastici, enormi. Mia zia diceva: una montagna non è tale se non ha la “cima”, una donna di classe non è tale se non ha il “cappello”! E’ questo il mio ricordo, poi, non mi ispiro a nessuno e a niente.
Perché? Quali sono i materiali che usa di più?
Non mi ispiro a nulla proprio perché realizzo dei cappelli con tanti materiali. Pensi che uso anche il metallo! Comunque no, non mi ispiro certamente alle donne: piuttosto traggo spunto dalle cose. Io qualsiasi cosa la vedo già in testa.
Cosa vuol dire per lei avere una buona idea in testa?
Essere se stessi e avere personalità. Quindi, indossare il cappello che si vuole, magari anche un cappello senza forma.
Il cappellaio è davvero matto?
Sì è proprio matto, il cappellaio è un gran sognatore.
Finisce con un sorriso questa telefonata: da un capo Milano, noi pronti a raccontarvi i pensieri di questa sofisticata artigiana del cappello. Dall’altra lei, Paola Morra. Chissà quale cappello le sarà rimasto in testa…