Il giudizio è unanime. Non solo questa Man Fashion Week è scevra delle solite baracconate della schiera di fashionisti, che ogni anno a January giungono in pellegrinaggio a Milano, ma è anche scevra di eccessi sulle passerelle. Qualcuno, con sdegno e disgusto, dice che le collezioni Autunno Inverno 2013 2014 manchino di creatività, che sembrino essere state disegnate solo per vendere. E quindi? Qual è il problema? Forse, non è quello che muove migliaia di buyer ogni anno a volare a Milano durante le sfilate? Non gira forse l’industria della moda intorno al business?
Del resto, quando in passerella abbiamo visto collezioni esageratamente “creative” abbiamo commentato piccati che mai e poi mai nessun uomo avrebbe avuto il coraggio di andare in giro bardato come se si fosse rotolato a casaccio nell’armadio prima di uscire. La verità è che non siamo mai contenti. A ben guardare anche in una collezione come quella disegnata da Miuccia Prada, osannata o fatta a pezzi dalla critica e definita dalla stessa stilista “normale”, la poesia non manca. E la poesia consiste proprio in questo: nella normalità, quella di cui in anni di moda super glamour e di assoluta tensione verso l’estro, verso lo stupore, verso la sorpresa ad ogni costo, in una parola sola, verso l’assurdo, ci eravamo tutti dimenticati.
Chi, forse, meno di tutti se ne era dimenticato, chi è sempre e comunque rimasto fedele ad una cifra stilistica improntata ad un’eleganza sobria e mai ostentata è Giorgio Armani, che per la collezione della linea Emporio porta in passerella una legione di gladiatori dai muscoli guizzanti che si intravedono dai pantaloni aderentissimi alla coscia come fossero una seconda pelle. I capispalla sono strutturatissimi, le spalle alte e robuste (da vero maschio, come non se ne vedevano da tempo) i volumi importanti e ampi. I cappotti, i giacconi e i giubbotti sono oversize, per agevolare i movimenti del corpo di un uomo che si sveglia ogni mattino per andare in ufficio. I colori sono quelli cari al guardaroba maschile (vari toni del blu, il grigio asfalto e la gamma dei kaki), spezzati da tocchi di verde smeraldo, blu viola, giallo e arancio. Accanto a pantaloni dal taglio slim, anche pantaloni a vita bassa dalla silhouette morbida che si stringono leggermente al polpaccio. In mezzo a tanta classicità, i materiali toccano un punto di innovazione mai raggiunto prima: Per ciò che concerne gli accessori, oltre ai guantini da biker, l’uomo Emporio Armani ama i borsoni da viaggio, ma preferisce gli zaini, soprattutto se di pelliccia.
Per un momento c’era sembrato ricercasse un barlume di normalità anche John Richmond che apre la sua passerella con cappotti dalle linee pulite, con inserti geometrici, e dai colori sobri. Ma era solo una chimera. Dopo le uscite iniziali inizia la solita processione di maglie con stampe tribali, di cappotti sul cui retro sono stampati arabeschi, di giacche con revers in pelle impunturata, di pantaloni in pelle tempestati di borchie e perline, rigorosamente infilati dentro agli scarponcini. Ma il vero must di tutta la sfilata sono i leggings da uomo, indossati sotto a kilt di pelle. Special guest della sfilata Belén Rodriguez... anzi, no scusate abbiamo avuto un attimo di confusione. Special guest della sfilata Stefano De Martino, ma gli applausi non sono per lui, in gonnellino e leggings. Sono per lei e il suo pancione. E’, infatti, ancora una volta la Rodriguez a catalizzare l’attenzione di fotografi e giornalisti che la seguono ad ogni passo. A De Martino tocca accontentarsi dei pochi applausi che lo accolgono durante l’uscita finale e dello stesso ruolo (di coprotagonista) che aveva Giustino Boggiolo, marito della famosa scrittrice Silvia Roncella, nel romanzo “Suo Marito” di Luigi Pirandello.
Una moda primitiva e tribale è quella immaginata da Kean Etro che apre la sua sfilata con musiche di popoli lontani nel tempo e nello spazio. Sullo sfondo immagini mitiche di antichi samurai, di stregoni aztechi e di sacrifici si succedono mentre sfilano, uno alla volta come soldati dell’esercito di Gengis Khan, uomini bellissimi che indossano ampi cappotti vestaglia, lunghi a sfiorare le caviglie, in velluto stampa paisley con larghe bordure a contrasto, oppure in seta ricamata, giacche ethnic print, ma anche capispalla in montone con risvolti zebrati. Straordinario il lavoro di ricerca fatto sui tessuti, opulenti e ricchi di ornamenti: garze, jersey, velluti, alpaca e sete vengono lavorate e stampate in un caleidoscopio di colori e suggestioni che rievocano paesi lontani. I capispalla sono avvolgenti e dalla silhouette arrotondata in stridente contrasto con i pantaloni affusolati. Di questa collezione colpiscono i dettagli come i sontuosi ricami, gli intarsi e gli intrecci che ricordano certe capigliature degli indios d’America.
Ha capito, forse, in quale direzione viaggiare Paul Surridge che faticava a trovare la sua direzione e quella da dare a Z Zegna, dopo l’addio di Sartori alla linea giovane del marchio di moda biellese. Surridge prende tutto il guardaroba maschile e come in un laboratorio di alta sartoria sperimentale si diverte a scomporlo in tanti pezzi. Tutti sempre e comunque eredi della più alta tradizione di tailor made, rivisitata, com’è nella tradizione del brand, in chiave contemporanea utilizzando tessuti hi tech. Cappotti e caban si ampliano e prendono volume, le geometrie di prismi si ripetono a profusione sulle maglie e sono trapuntate sui giubbotti. Cappucci e zip in bella vista sottolineano ancora una volta l’animo dinamico e sportivo del brand, che prosegue ancora nella strada della ricerca materica, iniziata con Alessandro Sartori.
Abbiamo, forse, imboccato il vero sentiero che conduce sulla retta via del fashion…
Pinella PETRONIO