La moda ha ragioni che la ragione non conosce. La ragione comune, ad esempio, si rifiuta di capire perché una donna – magari alta e formosa, con le curve ben distribuite – che porta una taglia 50 debba privarsi del piacere di comperare l’abito che la fa impazzire e che ha visto in una boutique del centro. Eh, già perché è cosa risaputa che i marchi della moda di lusso (e anche brand di medio target) hanno in collezione abiti che arrivano massimo alla taglia 46. Qualcuno alla 48. Per avere la giusta vestibilità – dicono – gli abiti non devono andare oltre quelle taglie.
E allora che si fa? Si indossano dei sacchi di canovaccio e ci si annoda una corda attorno alla vita? Si va in giro nude? Che si fa? La moda (che in fondo è buona…) cerca di andare incontro a queste donne dalle forme burrose, realizzando delle collezioni ad hoc per loro, che consentano di potere indossare degli abiti belli e che seguano le tendenze dettate dalla moda, senza dovere rinunciare alla loro femminilità, né tanto meno ad un piatto di spaghetti alla carbonara. Elena Mirò, ad esempio – brand che tra l’altro sfila anche durante la settimana della moda donna – propone abiti molto glamour con taglie che vanno dalla 46 in su.
L’idea è stata sin da subito, da quando il marchio ha esordito, vincente. Una vittoria per le cosiddette donne curvy, a cui è stata finalmente concessa la possibilità di vestire con abiti belli così come quelli delle donne magre, solo un po’ più large. Una vittoria sì, ma fino ad un certo punto, perché provate a mettervi nei panni di una donna che vede nella vetrina di una boutique di cosiddette taglie “normali” un abito e se ne innamora, che reazione pensate possa avere quando la commessa le dirà “Ci dispiace non abbiamo la sua taglia, ma vada al negozio qui di fianco, quello delle taglie forti. Vedrà, troverà qualcosa di altrettanto carino. Ve lo diciamo noi cosa proverà: si sentirà dispiaciuta e mortificata.
Anche perché se è vero che ci sono molte donne morbide che della loro taglia non si fanno minimamente un cruccio, anzi si trovano belle e femminili con i loro kg, ci sono altrettante donne che, a causa di prototipi certamente sbagliati, non si sentono bene nel loro corpo e andare a comprare abiti in negozi per taglie comode è un ulteriore colpo per il loro io. Ma è così strettamente necessario fare questa distinzione – così severa, quasi fossero due schieramenti contrapposti in guerra – tra donne curvy e donne – cosiddette – normali? Ma davvero questi designer non riescono a fare lo sforzo di aumentare il numero delle taglie? Lasciamo ai posteri l’ardua sentenza.
Pinella PETRONIO