Su una cosa noi italiani non scherziamo affatto: la qualità dei nostri prodotti di lusso. Se poi questi prodotti vengono da gruppi industriali strutturati, in grado di competere e vincere sui mercati mondiali, beh… ancora meglio.
Questi gruppi del lusso ci sono e, come dimostra un’attenta analisi di Pambianco, vanno forte. L’editore ha infatti analizzato i risultati ottenuti nel 2012 dalle quotate in Borsa del comparto lusso, incrociandoli con gli indici Pambianco Fashion dei mercati di Asia, Europa e Stati Uniti. Un ordine non casuale, visto che dall’analisi è risultato che l’indice a Mayr crescita del 2012 è stato quello asiatico, con un incremento che ha sfiorato il 100% (98,6%), seguito a distanza siderale dall’indice europeo (+13,1%) e da quello statunitense (+4,3%).
Per quanto riguarda le performance borsistiche, sul più alto gradino del podio troviamo proprio un’azienda di casa nostra, Prada, che ha avuto una performance del +112,7% sulla piazza di Hong Kong, strappando il primato di azienda del lusso più performante dell’anno. Nel Vecchio Continente, invece, l’Italia occupa la prima e la terza posizione, grazie ai brillantissimi risultati ottenuti a Piazza Affari da Brunello Cucinelli (+72,4%), primo titolo del lusso in Europa, e da Salvatore Ferragamo, +60,5%. Tra i due si insinua “Mr. Zara”, che con il gruppo iberico Inditex piazza un 66,9% di tutto rispetto. Alla faccia della fama di Paesi eurodeboli che ci siamo guadagnata.
Del resto, in tutti questi casi stiamo parlando di gruppi industriali ormai fortemente orientati sui mercati globali e sempre meno ancorati, in quanto a fatturati e prospettive di sviluppo, alle aree geografiche di provenienza. Poche cose, ormai, sono globali come la moda e i suoi brand: piaccia o no, è questo uno dei segreti della loro lunga vita e prosperità in un’economia mondiale grigia e asfittica.
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