Non è solo un bar. E’ l’essenza del caffè come fenomeno sociale, di costume, letterario. E’ il caffè per eccellenza di Venezia: l’Harry’s Bar. Se Parigi negli anni ‘50 vantava i suoi caffè ‘esistenzialisti’, dal Café de Flore a Les deux Magots affacciati su Saint- Germain des Près, la laguna non era certo da meno. Ai tavoli dell’Harry’s Bar infatti all’inizio degli anni ’50 si sedeva Ernest Hemingway, mentre abbozzava le pagine del romanzo Di là dal fiume e tra gli alberi,e più tardi avrebbero sorseggiato un caffè o un Bellini anche Truman Capote, Orson Welles, Charlie Chaplin, Peggy Guggenheim o Georges Braque.
Tutti sedotti dai cocktail creati su misura per il locale dal suo fondatore Giuseppe Cipriani, nato nel 1900 a Verona, e che, dopo aver girato mezza Europa come cameriere e barman, nel 1931 aveva dato vita all’Harry’s Bar.
Il nome scelto, a detta dello stesso e Cipriani, deriverebbe da quello di un giovane studente americano, Harry Pickering che, trasferitosi alla fine degli anni ’20 in laguna, per curarsi con l’aiuto di una vecchia zia dal vizio dell’alcol, si ritrovò in poco tempo senza soldi e completamente solo.
Cipriani, all’epoca capo barman nell’hotel in cui risiedeva l’americano, dopo aver conosciuto la sua storia decide di aiutarlo prestandogli 10.000 lire per comparsi il biglietto di ritorno per l’America, una cifra da capogiro per l’epoca.
Qualche anno dopo, superati i suoi problemi con l’alcol, Harry Pickering decide di tornare a Venezia per sdebitarsi con l’amico: l’uomo restituisce a Cipriani, la somma avuta in prestito con un interesse esponenziale di 30.000 lire. Il 13 May del 1931, grazie alla somma ricevuta, Cipriani apre a ridosso di Piazza San Marco il suo primo locale: “Harry’s Bar”, così chiamato in onore del suo benefattore d’oltreoceano.
Durante il Secondo conflitto mondiale, il locale viene confiscato al Cipriani per essere adibito a mensa per i marinai. Conclusa la guerra l’Harry’s Bar ritorna ad essere meta di intellettuali e viaggiatori appassionati: per regalare qualcosa di unico ai suoi clienti, Cipriani si inventa la ricetta di un cocktail che in pochissimo tempo, avrebbe fatto il giro del mondo, il Bellini: prosecco, polpa di pesca bianca e zucchero. Era il 1948 e Cipriani decise di chiamarlo così per via del suo colore rosato, che ricordava al barista il colore della toga di un santo in un dipinto da Giovanni Bellini.
Dove si può gustare oggi il Bellini del signor Cipriani? Praticamente ovunque, ma noi vi consigliamo di optare tra New York e Parigi. Ma sempre all’ Harry’s Bar.
Alessia CASIRAGHI