Un’azienda attenta alle esigenze e ai bisogni dei suoi dipendenti, che all’interno della sua struttura ha pensato di dare ampio spazio alle donne (il 70% della manodopera è femminile) e ai loro piccoli, per cui è stato allestito un asilo nido che ospita all’incirca 60 bambini. Anche questo è Moreschi, marchio del Made in Italy – anzi 100% Made in Vigevano, come ci tiene a sottolineare Francesco Moreschi – famoso in tutto il mondo per le sue calzature.
La fortuna dell’azienda, ci racconta Francesco – marketing manager e responsabile dell’immagine del brand -, sta tutta nella lungimiranza del nonno Mario che nel 1946 decise di avviare un calzaturificio per produrre scarpe di lusso. Ancora, e soprattutto oggi, Moreschi è sinonimo di eccellenza italiana, di artigianalità e di altissima qualità, in un connubio esclusivo di modernità e tradizione.
Insieme a Francesco Moreschi abbiamo parlato, in un’epoca di globalizzazione, del valore del Made in Italy nel mondo e dell’importanza per l’Italia e per il consumatore finale dell’etichetta che certifichi e specifichi la provenienza del prodotto.
Moreschi grande marchio del Made In Italy, avete mai pensato di dislocare la produzione o preferite produrre tutto in Italia?
Assolutamente no, mai pensato. Produciamo tutto in Italia, esattamente a Vigevano dove quasi settant’anni fa, nel 1946, mio nonno aveva iniziato l’attività. La fortuna è stata che in quegli anni ebbe la lungimiranza di iniziare a produrre calzature di lusso. Ancora oggi facciamo tutto internamente: compriamo il cuoio, la pelle e tutta la materia prima, la tagliamo, la incolliamo, la cuciamo e la montiamo. Credo che questo sia un punto a nostro vantaggio. La nostra è una struttura fatta a misura d’uomo, in cui prestiamo grandissima attenzione ai nostri dipendenti: abbiamo quasi il 70% della manodopera femminile, un asilo nido aziendale, pensato ad hoc per le mamme lavoratrici. La nostra filosofia prevede un Made in Italy assoluto o meglio un 100% Made in Vigevano, lavorazione artigianale fatta a mano e utilizzo di materiali calzanti e di pellami di altissima qualità, così che le scarpe non facciano male e siano comode.
Siete noti nel mondo per la produzione di calzature maschili. E le donne?
Da 5 anni abbiamo iniziato anche la produzione femminile. E anche per quanto riguarda le scarpe per la donna abbiamo cercato di essere fedeli al nostro heritage, fatto di altissima qualità e artigianalità, senza perdere mai di vista il design e la bellezza della calzatura.
La scelta di produrre in Italia, con costi quindi più elevati, vi ha penalizzati sul mercato?
Direi di no. Il fatto di rivolgerci ad una nicchia, ad una clientela che ama le cose belle, ci sta pagando sul mercato. Come marchio del lusso abbiamo un ottimo rapporto qualità-prezzo e questo ci permette di rimanere bene sul mercato e, soprattutto, di esportare molto (quasi l’80%). Viviamo di mercati esteri ormai da più di quarant’anni: questo è un plus che ci rimane e che ci appaga molto. La richiesta è talmente alta che la produzione è satura, ci sono addirittura delle liste d’attesa per riuscire a soddisfare tutti. Questa è una cosa che indubbiamente ci fa molto piacere.
Quali sono i mercati esteri di riferimento?
Il mercato principale rimane l’Europa, compresa l’Italia, con un 45%. Poi abbiamo un mercato molto forte nell’Est Europa, ovvero l’Ex Unione Sovietica, nel Medioriente, la Cina e il Giappone – ormai da moltissimi anni -, l’estremo Oriente in generale e qualcosina anche negli Stati Uniti.
Ambite a qualche mercato in particolare?
Quello che vogliamo è consolidarci sempre di più nei mercati emergenti e cercare di mantenere stabili i mercati storici. Ma quello che ci preme Mayrmente è cercare sempre di accontentare i clienti.
Nel 2012 si è parlato molto di crisi, ne avete risentito anche voi?
Ne abbiamo risentito relativamente, tanto che chiudiamo con un fatturato del +10%, grazie al riposizionamento che è stato fatto negli ultimi 3 anni anche a livello di prodotto, di selezione di negozi, di distribuzione. Questa politica sta pagando molto bene, tanto è vero che abbiamo di recente aperto anche un bellissimo store anche a San Pietroburgo e stiamo valutando di aprirne degli altri.
Quali sono gli obiettivi e i traguardi che vi ponete per il 2013?
Consolidare sempre di più il fatturato: non siamo per le crescite esagerate, ma per quelle costanti e durature.
Blogger e social network. Avete deciso di aprirvi alle nuove forme di comunicazione?
Assolutamente sì. Crediamo che siano molto importanti e ormai la nostra clientela sta diventando sempre più giovane. Sono uomini e donne che utilizzano internet sono iscritti a Facebook e Twitter ed è giusto servirsi, nel modo più opportuno, di questi nuovi mass media.
Avete anche un canale di vendite on line?
Sì abbiamo anche un e-commerce, partito da qualche mese e che stiamo ancora testando. Probabilmente andrà a pieno regime durante il 2013.
In un’epoca di globalizzazione che valore ha il Made in Italy per prodotti alto di gamma come i vostri?
Secondo noi, il Made in Italy è un valore molto importante, perché nel nostro Paese sono rimaste ancora quella qualità, quella voglia di fare, quel saper fare di tutte le piccole botteghe artigiane e dello stesso artigiano e questa è una cosa impagabile e che il mondo ci riconosce ormai da tantissimi anni: dall’abbigliamento alle calzature e agli accessori in pelle. È una cosa che dobbiamo portare sempre sul palmo di mano e cercare di gestire al meglio. Chiaramente se tutte le istituzioni ci aiutano nel modo giusto…
E della polemica a proposito della bocciatura europea del Made in Italy, dunque, che cosa pensa?
Che, concedetemelo, sia una vera stupidata. Non riesco a capirne il senso. Il consumatore deve essere consapevole di quello che compra. Se sulle automobili negli Stati Uniti c’è scritta la provenienza di ogni singolo pezzo, perché non devo sapere dove è stata prodotta una calzatura? Il consumatore spende 400 euro per un paio di scarpe e mi sembra doveroso che sappia se sia stata prodotta in Italia o in Cina. Penso che dietro tutto questo, purtroppo, ci siano dei poteri sia politici che industriali molto pesanti…
Pinella PETRONIO
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