Udite udite, anche l’Oriente frena sul lusso. Le carezze e i teneri sguardi che i marchi del lusso hanno rivolto al Far East e alla Cina perché continuassero a trainare vendite e ricavi potrebbero ritornare ai medesimi brand sotto forma di schiaffoni.
Se è troppo presto per generalizzare, un dato certo c’è e riguarda uno dei colossi mondiali del lusso, Richemont, che, nonostante cifre e tendenze ancora in nero, ha chiuso il terzo trimestre 2012 (che per Richemont chiude a fine dicembre) in frenata proprio perché hanno frenato le vendite sui mercati asiatici. In particolare le vendite di orologi. E, parlando di Richemont, parliamo di marchi come IWC, Jaeger-LeCoultre, Cartier, Piaget: mostri sacri dell’orologeria per i quali il consumatore con gli occhi a mandorla andava pazzo e a cui ora, complice la sempre Mayre incertezza mondiale, guarda con più oculatezza.
Nello specifico, sono stati gli orologi di Cartier a deludere, dal momento che, specialmente in Cina, i gusti dei consumatori si stanno raffinando, privilegiando orologi meccanici, complicati, a scapito di quelli a batteria, molto presenti nell’assortimento di Cartier, a differenza di quanto accade per altre maison di alta orologeria.
Nel dettaglio, le vendite di Richemont nel 3Q 2012 hanno fatto segnare una crescita a cambi costanti del 5% mentre a cambi correnti il giro d’affari è salito del 9%, a quota 2,8 miliardi di euro. Il risultato delude le previsioni degli analisti (+7,5% a cambi costanti) e stride con i dati del primo semestre, chiuso a +21% a cambi correnti o +12% a cambi costanti.
Asia in frenata, si diceva, come quasi tutti i mercati mondiali (Americhe a parte, +13%). E proprio qui è la notizia, visto che il trimestre si è chiuso praticamente invariato anno su anno in termini di vendite, mentre il primo semestre aveva fatto registrare un +9% rispetto al primo semestre 2011. Una frenata che non si vedeva da 4 anni e che, forse, è riduttivo spiegare solo con uno stop a un certo tipo di lancette preziose. Certo è che la decelerazione preoccupa il management di Richemont, non tanto nei risultati quanto nelle prospettive: la nota che ha accompagnato la presentazione dei conti del semestre recita infatti che “in questo momento, non è chiaro come si evolverà il business nell’area Asia-Pacifico nel futuro prossimo“. Se la crisi ti deprime, l’incertezza ti ammazza.
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