La nautica italiana è malata, ma le cure per guarire ci sono, basta saperle e volerle applicare. È questo quanto emerso dalla due giorni cagliaritana di Satec, la convention annuale di Ucina Confindustria Nautica, l’associazione di categoria che rappresenta le industrie e le imprese del settore del diportismo e della nautica.
Ne è consapevole il presidente, Anton Francesco Albertoni: “Serve un’inversione di tendenza che porti subito ad atti concreti. Le strategie di mercato parlano di vendita del prodotto Mediterraneo al resto del mondo. Bene, però all’Italia deve essere consentito di usare le stesse armi degli altri. Perché tra Saint Tropez e Portofino o tra Mentone e Ventimiglia, ci deve essere un gap sull’Iva del 14%?”.
Vanno in questo senso i colloqui di Ucina con il nuovo governo: “Abbiamo parlato con il ministro per le infrastrutture e trasporti Maurizio Lupi e con i presidenti delle due commissioni di Camera e Senato – ha detto Albertoni -: abbiamo ricevuto dei segnali incoraggianti”.
Segnali che sembrano arrivare dalla regione Sardegna, dove il presidente Ugo Cappellacci ha presentato un disegno di legge che prevede l’equiparazione dei resort marina alle strutture ricettive alberghiere, mossa che porterebbe a una sensibile riduzione dell’Iva: “Dovrebbe essere un esempio per le altre regioni – ha commentato Albertoni – ma non c’è nemmeno bisogno di inventarsi niente: in Spagna e in Francia fanno già cosi”.
Noi italiani sempre i soliti a restare indietro. Come si vede le medicine per guarire ci sono. Se la crisi e il calo della domanda sono fattori endemici e non dipendono strettamente da politiche fiscali (almeno il calo della domanda dall’estero), tanto può essere fatto a livello di normativa e di fiscalità per non affondare l’ennesimo settore produttivo che è un’eccellenza italiana.
Lascia un commento