In cantina il tanto discusso e temuto “complesso di Edipo” che molto ha fatto parlare le passate generazioni, una nuova Big Mother sta cominciando a condizionare le nostre vite.
Chissà cosa ne penserebbe Freud che ha scandagliato i recessi più oscuri della nostra mente, in un mondo in cui la madre era solo la mamma?
I nostri gadget elettronici, ormai, ci dicono di tutto: come tenere dritta la schiena, quale dieta seguire, ci rimproverano se non facciamo sufficiente attività fisica: le cosidette “iMom”, le App attraverso cui la nuova Mamma digitale controlla la nostra vita.
Qualcuno, sorridendo, sostiene “…è perfetta, quando mi scoccia la disattivo…”. E’ l’ultima tre le ondate tecnologiche che si sono abbattute sulle nostre esistenze, decine di applicazioni in grado di seguirci negli aspetti più privati e reconditi del quotidiano. Le persone spesso non hanno sufficiente costanza e volontà per compiere quelle azioni che pure sanno essere giuste e cercano aiuti esterni per riuscire a centrare gli obiettivi.
In principio erano i GPS, i cardio frequenzimetri e i sistemi per il fitness, ad avvisarti se la strada fosse giusta, quanto avessi corso, quante calorie bruciate, ora nella fase II con il warming arrivano messaggi che trasmettono positività per andare avanti o, in alternativa, il rimbrotto per il mancato obiettivo.
E qui interviene l’aspetto più social con la possibilità di condividere con centinaia di utenti, le proprie esperienze. Postumtrack, HAPIfork – la forchetta elettronica che registra la velocità con cui si mangia un pasto – FITBITONE, BeeMinder, Bean Brush – lo spazzolino bluetooth – Up un braccialetto elettronico che tiene conto di come dormi, quanto mangi e bevi e bruci. L’attività fisica (dieta e salute) occupa a ben vedere, la fetta economicamente più importante del mercato. Il corpo quindi ma anche la mente sul nuovo lettino virtuale 2.0 dello psicanalista social, che attraverso scambi di esperienze, e questionari riesce a misurare bisogni ed emozioni.
Non più di trent’anni fa, Ridley Scott in un film destinato a diventare un’icona – Alien – proponeva di vigilare sul sonno degli astronauti un computer. Il suo nome? MOTHER, semplice casualità o precursore visionario di un’epoca?
Oramai siamo tutti strutturalmente dipendenti dalla tecnologia e non riusciamo più a farne a meno, ma la capacità di discernimento non possiamo e dobbiamo delegarla. Portare all’eccesso la variabile tecnologica, sarebbe come riprodurre il paradosso del film “Wall-e” con le macchine che ci imboccano.
Il problema, come alla fine di tutte le cose, è l’uso ragionevole della tecnologia, per il momento, almeno, come nel più tradizionali lieto fine, l’astuzia umana sembrerebbe avere ancora la meglio. Fino a quando? Chi può dirlo?
Floriana Capitani
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