Ecco come siamo abituati a ragionare: imprenditori e business leader sono dei combattenti, si fissano degli obiettivi e danno il massimo per raggiungerli. Arrivati alla meta, qualunque essa sia, aumenta il loro livello di soddisfazione.
Tuttavia esiste un’altra chiave di lettura. Scorrendo l’articolo The Happiness Advantage, recentemente pubblicato sulla Harvard Business Review, risulta evidente che l’equazione risulta vera anche a termini invertiti: è la “felicità” che genera il successo più che l’inverso!
La ricerca su cui si basa questa teoria dimostra che il cervello lavora meglio quando si provano sensazioni positive, identifica e coglie più facilmente le opportunità, diventa più creativo e più coraggioso. “In effetti solo il 25% dei successi sul lavoro sono basati sull’IQ, il restante 75% riguarda l’atteggiamento mentale, l’abilità di interagire con efficacia con gli altri e di gestire lo stress” afferma Shawn Achor, il ricercatore di Harvard che ha portato a termine questo progetto.
Ora, devo dire che fin qui, intuitivamente e/o empiricamente, ci eravamo arrivati un po’ tutti. L’atteggiamento del pessimista è tipico del perdente mentre l’ottimista ha Mayri probabilità di portare a casa il risultato. E questo vale sia per l’individuo che per le organizzazioni nel loro insieme – che di individui sono composte – fino ad arrivare ad allargare il concetto alle nazioni intere.
Ma la parte più interessante di questa ricerca sta nell’affermare che agire sul livello di “felicità” o forse chiamiamola soddisfazione visto che la felicità è un concetto troppo complesso da utilizzare qui, si può. Per sé e per il proprio team. Certo ad alcuni di noi viene più facile che ad altri perché la genetica ha il suo impatto. Tuttavia il cervello si può allenare, proprio come facciamo in palestra con i muscoli, e l’atteggiamento positivo è una caratteristica più malleabile del previsto. Achor, con tutto il pragmatismo tipico degli americani, propone dei veri e propri esercizi per allenarsi ad avere una visione positiva. Tipo: annotare tre cose per cui si è grati e riconoscenti, scrivere un messaggio di feedback positivo a qualcuno che lo merita in ufficio, fare attività fisica, meditare e vari altri.
Suona troppo facile detto così? Beh, a mio modo di vedere un paio di cose sono certe e su queste si può lavorare per aumentare l’efficacia sul lavoro:
1)più che la realtà oggettiva per ognuno di noi conta la percezione soggettiva che ne abbiamo;
2)il cervello ha una tendenza naturale a soffermarsi sulle negatività invece di riflettere e trarre nuova linfa vitale dalle positività. Questo genera frustrazione e pessimismo ed è una tendenza che si può razionalmente contrastare.
E’ giusto quindi che un buon capo si sforzi di dare feedback anche positivo ai suoi, di festeggiare i risultati positivi, di dare riconoscimento, anche pubblicamente, a chi ha fatto un buon lavoro, di evitare commenti cinici o sarcastici verso il resto dell’azienda. Sembra poco, ma credetemi, può fare la differenza.
*Partner responsabile della Global Luxury Practice di Odgers Berndtson