di Enrico MASSERINI e Davide MAPELLI
Eccoci di nuovo: la sfida tra due modelli della stessa Maison. Ma attenzione: dopo Rolex, questa volta si parla di Patek Philippe!
Cosa vuol dire questo? Nulla: solo che si tratta del gotha dell’Alta Orologeria (con le iniziali maiuscole, appunto), la casa che dal 1839 produce i più grandi capolavori di ogni epoca e detta le regole. La Casa che da un paio d’anni a questa parte ha sostituito il “Poincon de Geneve” con il “sigillo Patek Philippe”. Come a dire che il marchio che attesta l’eccellenza della produzione manifatturiera della città di Ginevra non è abbastanza, che gli standard Patek Philippe sono ben oltre l’eccellenza… Insomma si parla dell’orologio nella sua forma più elevata ed inarrivabile di arte meccanica e del bello.
Elogio spropositato? Forse per alcuni, per altri troppo poco. Si parla di Patek, un nome che anche la più agguerrita concorrenza riconosce , a bassa voce, come la pietra di paragone con cui misurarsi, e, se lo dicono costoro, c’è da credergli.
Divenuta famosa già nell’800 per i suoi complicati da tasca che hanno trovato acquirenti tra le personalità più illustri e facoltose di tutto il mondo, nei primi anni del secolo scorso Patek Philippe si concentra anche sul neonato orologio da polso e nel 1932 crea la linea Calatrava. Infatti Calatrava non è un singolo prodotto ma una gamma di segnatempo che hanno nella semplicità estrema e nel rigore essenziale delle forme la loro chiave di successo. Queste caratteristiche di design universale e comprensibile a tutti hanno attraversato il tempo (cosa ne dite di 80 anni di storia?) per arrivare fino ai giorni nostri. E la cosa stupefacente la potete vedere e toccare con mano facilmente: prendete un modello Calatrava degli Anni ’30 e mettetelo al fianco di un modello attuale. Immediatamente potete capire che il tempo non cambia ciò che nasce perfetto, solo piccoli ed impercettibili aggiustamenti di taglia, movimenti con inedite tecnologie, ma le forme sono semplicemente sempre se stesse. Calatrava rappresenta l’essenza più pura e classica della casa di Ginevra, declinata sempre in casse ultrapreziose (oro giallo, rosa, bianco, platino, brillanti sulla lunetta) quadranti semplici e discreti.
Ma nel 1976, in pieno fermento “rivoluzionario” dell’orologeria, nel periodo di passaggio dalla centenaria concezione classica del segnatempo al “futuro” del quarzo e del digitale, Patek Philippe crea Nautilus, il segnatempo sportivo secondo il credo della casa. Parliamo di un modello moderno come design e come filosofia (pensate, realizzato in acciaio! Praticamente un’eresia a quei tempi per Patek…): bracciale integrato, oversized (42mm di diametro), impermeabile a 60 metri, insomma un vero sportivo, di quelli che oggi dettano legge nel settore.
Una vera rivoluzione per Patek, anche se dobbiamo rendere onore e merito a Gerald Genta, visionario maestro orologiaio, pittore, artista, artigiano e … genio! A lui si deve la nascita (a parte la linea sportiva di Rolex basata sulla cassa Oyster) dell’orologeria sportiva moderna: suoi sono le idee di Royal Oak, Vacheron 222, IWC Ingegneur…
Oggi anche Nautilus è una collezione che va dal solo tempo al bellissimo cronografo con contatori concentrici di ore e minuti e, nel tempo, anche Nautilus ha adottato casse in oro: un ritorno al classico? Può darsi, anche se ormai si può tranquillamente affermare che Nautilus sia un classico.
Insomma: scelta la casa (Patek Philippe), cosa decidiamo: Calatrava o Nautilus?
La risposta è semplice: andreste alla prima della Scala su di una Range Rover? Parcheggereste la vostra Bentley fuori dal vostro chalet sulle Dolomiti? Se avete risposto sì ad entrambe le domande potete scegliere liberamente l’uno o l’altro ma ricordatevi che a differenza di queste due auto Calatrava e Nautilus sono agli antipodi e assolutamente non intercambiabili.
La risposta esatta è un’altra: se possiamo avere un Patek Philippe, perché non averne due? In fondo sono questi i piccoli (o grandi) piaceri che ci appagano veramente, quindi approfittiamone…