Indossano piccolissimi abiti stretch in fantasie da adulte – anche leopardate -, talvolta hanno anche microscopiche décolleté con i tacchi e lo smalto sulle unghie delle mani, le bambine. I bambini, invece, indossano jeans griffati, polo con il colletto sollevato come fanno i trentenni della Milano da bere, e pashmine annodate con (finta) nonchalance al collo. Un po’ fanno tenerezza, un po’ ci si stringe il cuore a guardarli. Eh già, perché basta seguire la loro manina avviluppata a quella del genitore sollevare lo sguardo e rendersi conto che, effettivamente, questi bambini sono esattamente vestiti come loro, come le madri e i padri.
E’ come se rappresentassero un prolungamento del loro io. Spesso, anzi, i genitori in questione sono disposti a spendere somme di denaro significative per acquistare ai loro piccoli capi griffati che probabilmente loro non potrebbero permettersi. E così li agghindano con total look di questo o quel marchio, destinandoli sin da piccoli ad un futuro di omologazione nel vestire.
La faccenda non è chiaramente sfuggita ai brand del lusso che nel giro di pochi anni hanno dato vita ad una serie di linee di abbigliamento dedicate ai più piccoli che in qualche modo replicano, o meglio emulano, le prime collezioni. Gucci, Ermanno Scervino, Roberto Cavalli, ma anche Blumarine, hanno quindi realizzato abiti, pantaloni e accessori per vestire baby futuri fashion victim – che talvolta sembrano piccole caricature in miniatura dei genitori -, che hanno trovato una splendida vetrina in Pitti Bimbo. La manifestazione fiorentina, che fa l’eco a Pitti Uomo e si tiene a ridosso, pochi giorni dopo la Man Fashion Week Milanese, si è da poco conclusa con grande successo di giornalisti e buyer. Oltre 5.700 compratori intervenuti (lieve il calo rispetto allo scorso anno che aveva registrato 5.800 compratori) di cui 3.200 italiani e 2.500 esteri, con un totale di quasi 10.000 presenze.
A proposito dice Raffaello Napoleone, amministratore delegato di Pitti Immagine: “Pitti Bimbo si conferma la piattaforma di riferimento della moda bimbo internazionale e anzi registra una crescita qualitativa del livello dei negozi e dei department stores a questa edizione, provenienti da un numero anche Mayre di paesi esteri. Certamente alcuni mercati esteri hanno dato segni di sofferenza, date alcune situazioni congiunturali problematiche: penso alla Spagna ma anche e soprattutto alla Russia, campione di presenze nelle ultime edizioni, che arretra in modo significativo, così come accade per l’Ucraina, due paesi in cui la situazione politica e anche il cambio sfavorevole stanno influenzando i risultati economici e le scelte dei consumatori. In compenso si è registrato un grande aumento di due mercati giganti come Cina (assieme a Hong Kong) e Brasile. Sulla scia dei risultati di Pitti Uomo avevamo buone aspettative anche per un’inversione di tendenza del mercato italiano, ma la dinamica dei consumi interni per la moda bimbo è ancora critica, e una conferma nel livello dei compratori lo considero nei fatti un dato confortante. Complessivamente tanti i feedback positivi raccolti per le novità nelle collezioni presentate delle più importanti aziende del childrenswear, per la qualità dei compratori arrivati da tutto il mondo, e per il calendario di sfilate, presentazioni, eventi speciali e lanci di nuovi progetti, di cui questa edizione è stata davvero ricca”.
Il mercato della moda bambino è, quindi, una fetta molto ghiotta della grande torta della moda, nessuno dovrebbe per cui deprecare i brand del lusso per il loro desiderio di metterci le mani sopra e mangiarla, soprattutto in tempi di crisi come quelli che viviamo. Chi, magari, dovrebbe fare una riflessione a proposito del fenomeno dilagante dei baby fashion victim non dovrebbero essere i genitori?
Pinella PETRONIO