di Davide PASSONI
Se c’è un cantiere nautico in Italia che è, da sempre, sinonimo di eccellenza ai massimi livelli, questo è Perini Navi. Dalle sue darsene sono usciti alcuni degli scafi a vela più belli del mondo, dal Falcone Maltese al Melek, dal Panthalassa al Riela. Una storia di successi tutta italiana della quale ha parlato a Il Giornale del Lusso l’amministratore delegato di Perini Navi, l’ing. Giancarlo Ragnetti.
Qual è il percorso professionale che l’ha portata alla guida di Perini Navi?
È un percorso che parte da lontano. Risale al 1978, quando lavoravo in un cantiere dell’Adriatico che realizzava barche da diporto ed ebbi la fortuna di incontrare il signor Perini, che venne a farsi costruire una barca da noi, un 22 metri. Lo conobbi in quell’occasione e da lì nacque il nostro rapporto. Già allora aveva l’idea di realizzare navi a vela sempre più grandi, con concetti del tutto innovativi in termini di controllo delle vele, di volumi, di spazi; mi colpì questa sua genialità e penso che l’averlo incontrato sia stata per me una grande fortuna e una grande possibilità di partecipare a un progetto che, dal 1980 a oggi, ha creato 50 navi a vela tra le più grandi del mondo. Navi che hanno rivoluzionato il modo di andare a vela cui eravamo stati abituati per tanti anni. In Perini Navi ho iniziato lavorando all’ufficio tecnico, alla produzione, poi nel ramo commerciale fino ad arrivare a ricoprire il ruolo di amministratore delegato dal 1995.
La nautica italiana, a vela e a motore, non ha quasi eguali al mondo per know-how tecnologico e raffinatezza della produzione: qual è il segreto di questa eccellenza, secondo lei?
Uno dei punti di forza di noi italiani è che, di nascita, siamo un po’ tutti artisti e ciò ci permette di realizzare cose belle, anche nella nautica. Abbiamo poi, rispetto ad altri popoli, una grande capacità di variare, di non restare legati a schemi determinati, come accade, per esempio, nei Paesi del Nord Europa. Di contro, però, c’è anche la nostra in capacità di fare sistema: nella capacità del singolo siamo bravissimi, un po’ meno quando dobbiamo riunirci in gruppo per realizzare obiettivi comuni. Questo è il nostro limite, il nostro punto debole un po’ a tutti i livelli, non solo nella nautica ma in tanti settori dell’industria e dell’economia; e questo è ciò che a volte ci fa perdere le sfide con le altre nazioni. Se i Paesi del Nord Europa producono barche di grandi dimensioni belle e ben fatte, hanno anche una capacità di fare team che a noi manca. Siamo dei grandi artisti sì, ma con una mentalità a volte ancora un po’ troppo artigianale.
E nello specifico, qual è il segreto dell’eccellenza degli scafi Perini?
Penso che il segreto di Perini Navi, che segreto in realtà non è, è quello di aver creato qualcosa che non esisteva. Quando abbiamo iniziato, il mondo delle grandi navi a vela non esisteva; ciò che c’era risaliva, se non agli inizi del ’900, almeno a prima dell’ultima guerra mondiale. Il resto erano barche di piccole dimensioni, anche perché la conduzione di grandi navi con estesi piani velici comportava difficoltà e problemi a livello realizzativo. Perini Navi ha creato un prodotto che, a sua volta, ha creato un mercato e ha permesso a noi e ad altri cantieri di costruire grandi navi a vela con pochi uomini di equipaggio, riuscendo a mantenere una linea e uno stile delle barche molto vicini alle caratteristiche degli scafi di qualche anno fa, ma con una grossa proiezione agli anni Duemila: non ancorate a un passato, per quanto bello sia stato.
Che cosa significa per un armatore possedere una Perini, oggi?
Penso sia la capacità di aver capito il valore del nostro prodotto e avere quindi qualcosa di esclusivo, che pochi hanno e tanti non possono avere. È normale, poi, che le cose più esclusive siano anche un po’ più care delle altre e chi riesce ad averle sa di possedere qualcosa che, spesso, è fatto appositamente per lui. Noi non realizziamo navi in esclusiva per un armatore ma, essendo i nostri pochi pezzi, va da sé che è quasi come se lo fossero, perché sono mirate al modo di vivere, ai gusti e alle preferenze dell’armatore. L’altra cosa importante del nostro prodotto è il suo valore; oggi realizziamo barche che hanno un certo costo sul mercato, ma il cui valore non viene perso nel corso del tempo. Certo, non aumenta, ma l’investimento fatto non si svaluta, come abbiamo constatato in questi anni: la capacità di uno scafo Perini di mantenere il suo valore nel tempo.
Qual è lo scafo di cui va più orgoglioso e perché?
Ho partecipato alla costruzione di tutte le barche e ogni volta quella che stai costruendo ti sembra sempre più bella di quelle realizzate prima. Devo dire però che la barca a cui sono più legato, perché è stata l’inizio della mia avventura e di quella di questa azienda, l’avventura che ci ha portati dove siamo arrivati, è la prima che abbiamo costruito, quella che per un certo periodo si è chiamata La Numero 1: un 40 metri, messa in mare nell’83, che ho costruito in prima persona perché allora ero coinvolto direttamente nella fase di produzione. È stata la prima barca con già in sé le caratteristiche di quello che sarebbe stato poi il nostro prodotto, la prima barca che si affacciava sul mare con dettagli che allora erano appannaggio delle barche a motore, come, per esempio, il ponte di comando sopraelevato tipo flying bridge. È stata l’inizio di qualcosa che ha rivoluzionato il modo di andare a vela e che ci ha permesso di creare un mercato che oggi ha una sua importanza e un suo fascino, per quanto sia di nicchia.
Che cosa prevede il piano industriale di Perini Navi per i prossimi anni?
Intanto, abbiamo iniziato a costruire barche a motore con un cantiere che si chiama Picchiotti, partendo dalla produzione del vecchio cantiere Picchiotti, che è stato uno dei più importanti della nautica italiana: la prima barca, un 50 metri, è stata varata lo scorso anno, quest’anno ci sarà un 55 e metri un 73 metri nel 2013. Sono barche che abbiamo creato con volumetrie e linee più vicine alla vela che al motore, cercando di offrirne lo spirito e i concetti. Il tutto per realizzare un prodotto se non più bello, almeno diverso da ciò che c’è attualmente sul mercato. Il mondo della nautica a motore ha tantissimi cantieri e tipologie di prodotto e per stare su questo mercato da leader ci vuole qualcosa che si differenzi dal resto; così come, all’inizio della nostra avventura di cantiere, abbiamo tratto ispirazione dal mondo della nautica a motore per alcune caratteristiche delle nostre barche a vela, ora facciamo il percorso inverso portando spunti della vela sul motore, prima di tutti la forma di carena, che ci fa avere prestazioni più elevate con consumi ridotti e motori più piccoli. È uno dei fronti su cui ci stiamo impegnando per il futuro. Naturalmente il nostro prodotto più importante rimane quello delle navi a vela che non abbandoneremo mai e per il quale abbiamo in cantiere due barche per quest’anno – un 56 metri e un 45 metri -, un 40 e un 50 metri l’anno prossimo, oltre a un 38 e a un 60 metri di cui abbiamo iniziato la produzione in proprio; per un totale di 6 barche in costruzione. Con le due a motore di cui ho detto all’inizio (55 e 73 m) fanno 8 barche.
Che cosa serve per guidare una realtà come Perini Navi? Passione, esperienza, dedizione…?
Passione senz’altro, perché il lavoro deve essere visto prima di tutto come tale. Poi bisogna dare a chi lavora con te il giusto ruolo, le giuste responsabilità e le giuste libertà, lasciando a ciascuno di loro il giusto protagonismo perché siamo tutti protagonisti, non ce n’è uno soltanto. Quando si creano degli oggetti come i nostri e si lavora insieme, tutti sono in primo piano: è uno dei punti di forza perché si riesca a fare gruppo come riusciamo a fare noi qui in Perini, sia al nostro interno che con i nostri armatori. Che alla fine diventano partner, amici, parte di questa famiglia di cui siamo orgogliosi. Ciascuno di noi trasmette il meglio di sé al prodotto che sta realizzando, una cosa che abbiamo imparato dal proprietario; il primo che ci ha dato la capacità di diventare protagonisti è stato proprio il signor Perini, che ci ha offerto la possibilità di gestire in totale autonomia e responsabilità l’azienda, dandoci fiducia e facendo in modo che noi la ricambiassimo ogni giorno.
Quali passioni ha oltre al mare?
La montagna! Mi piace soprattutto sciare. Per il resto, il mondo delle barche è un mondo che ti coinvolge sempre e che chiede tantissimo tempo.
In conclusione: per Giancarlo Ragnetti la vela è?
La capacità di vivere in modo del tutto libero, senza tener conto del tempo. Sì è soggetti al vento, che ci porta dove vuole lui, ci dà libertà e la possibilità di vivere senza pensieri, godendoci quello che di bello c’è al mondo e dando il giusto valore al tempo. Senza contare l’assoluta vicinanza al mare e l’essere governati totalmente dalle condizioni atmosferiche, che, sembra paradossale, ma dà un senso di libertà assoluta.