Corsi di cioccolato che non sono solo lezioni. Qui, all’Accademia dei Cioccolatieri Italiani nata a Belluno solo poco tempo fa, Mirco Della Vecchia, maestro cioccolatiere da Guinnes World Record, Presidente della CNA Cioccolatieri e della Fine Chocolate Organization punta a formare maestri cioccolatieri di tutto punto, personalità qualificate da introdurre nel mercato del lavoro, ora come artigiani referenziati pronti a mettersi in proprio, ora come personalità dal palato fino capaci di dare forma a praline prelibate all’interno delle migliori aziende del Belpaese.
Sì perché, se ad oggi di cioccolato DOP, tout court, ancora non si può parlare e la legge di tutela sta ancora macinando terreno in quel della Comunità Europea, ancora i distretti del cuneese, del Veneto e del ragusano si sanno far sentire sotto le papille gustative.
Il Piemonte e la Sicilia restano i distretti del cioccolato ancora numeri 1?
Il Piemonte e la Sicilia restano i capisaldi della produzione nazionale, eppure anche il Veneto è una patria del cioccolato. Noi abbiamo appena aperto la prima Accademia dei Cioccolatieri Italiani, non ne esistevano di questo tipo in Italia, per formare maestri cioccolatieri (www.corsidicioccolato.it). L’abbiamo aperta a Belluno per due motivi. Il primo è che il Veneto è un distretto significativo, specializzato nel laboratorio del dolce: basti solo pensare a tutte le aziende dalla doppia produzione dolciaria, che a Natale sfornano panettone e pandoro, a Pasqua il classico uovo. E cito la Melegatti, la Paluani, la Bauli: sono tutte di Verona. Il secondo è perché il Veneto, al pari e forse più di Modica, è uno dei luoghi storici del cioccolato: Venezia è stata per anni la capitale del consumo del cioccolato in tazza; il primo cacao in Italia è arrivato proprio nelle osterie della Laguna, quando ancora non esisteva il cioccolato duro come tutti noi lo conosciamo, la barretta – quella è stata prodotta a partire dal XXI secolo. Tra i secoli Settecento e Ottocento di cioccolato se ne trovava solo a Venezia, offerto in tazza; e a Modica, nella versione con lo zucchero denso.
Oggi quante sono le eccellenti piccole medie cioccolaterie italiane e dove sono dislocate, nel Belpaese?
Le cioccolaterie eccellenti che abbiamo censito sono 36, e per eccellenti intendiamo quelle degne di nota, di pubblicazione. Di cioccolaterie che si possono definire tali ce ne sono 78-79. Aziende che lavorano il cioccolato e che sono gelateria-cioccolateria o pasticceria-cioccolateria (la pasticceria che si occupa anche della produzione di praline) sono nel numero compreso tra 250-300.
Esiste una legge di tutela del marchio DOP?
Forse si è scritto a sproposito rispetto a questa “legge di tutela”. Ad oggi non ne esiste una vera e propria. Quello che è accaduto è che il sottosegretario europeo Paolo De Castro, anche con il supporto dei cioccolatieri di Modica, è riuscito a inserire, per la prima volta, il cioccolato nell’elenco qualità di prodotti iscrivibili a concorrere al raggiungimento della certificazione DOP. Prima di questo atto, qualunque cioccolateria volesse far richiesta per avere la DOP non vedeva esaudita la sua domanda perché non c’erano materialmente i mezzi per farlo: nell’elenco delle DOP possibili il cioccolato non era presente. Oggi è stato inserito ma è cosa talmente recente che di sensibili cambiamenti non ne sono ancora stati avvertiti. Ci vorranno dai sei mesi in avanti per vedere i primi risultati anche in termini di fatturato e sono certo che i primi a richiederla saranno proprio i cioccolatieri di Modica, Ragusa, oltre che gli importanti produttori di cioccolato tradizionale, come quelli del Piemonte. Ottenere la DOP significa sicuramente godere di un elemento di tutela, ma anche poter sfruttare uno strumento di marketing rilevante: è un marchio di bontà che precede l’assaggio.
E quindi, come si compone un cioccolato fatto ad arte?
Per sanzione della Comunità Europea l’aggettivo “puro” non si può usare. Qualche anno fa è stato concesso di poter denominare “cioccolato” anche un prodotto che abbia dei grassi diversi da quelli del burro di cacao, in ragione del 5% massimo. Questa scelta ha indotto molte aziende a sostituire il burro di cacao con altri grassi anche idrogenati, consentiti dalla legge, più economici per quanto meno tradizionali. A quel punto alcuni cioccolatieri artigiani ed industriali votati alla tradizione del cioccolato solo a base di burro di cacao, senza badare al costo della materia e nel pieno rispetto della bontà della lavorazione finita, si sono auto-definiti “per il cioccolato solo a base di burro di cacao quindi PURO”. La Comunità Europea ha sanzionato questo tipo di condotta in virtù della legge: per il codice, infatti, quel 5% è già sufficiente per la definizione di un cioccolato puro. Ci sono vari organismi, fra i quali figura anche la Fine Chocolate Organization, che cerca di difendere il cioccolato di alta qualità.
Quando arriveranno i primi risultati, anche in termini di fatturato?
La certificazione DOP è sicuramente uno strumento interessante da sfruttare. In questo momento é tutto in itinere, ma immagino che i tempi saranno sufficientemente brevi soprattutto tra chi è già organizzato con delle produzioni di cioccolato importanti e tradizionali. Mi riferisco a quelle del Piemonte o la stessa Modica, Ragusa: credo avranno interesse nello spingere al massimo per ottenere la DOP che sicuramente è un elemento non solo a tutela, ma è anche uno strumento di marketing rilevante. Rispetto alla situazione (di piccola crisi e in piccola parte) che anche la filiera del cioccolato sta vivendo, potersi fregiare di un marchio così importante a livello internazionale come la DOP permette di godere di un biglietto da visita del prodotto che è una garanzia di bontà ancora prima dell’assaggio.
Soprattutto all’estero, immaginiamo. Dove in particolare?
I Paesi più rappresentativi per l’export sono la Germania, il Giappone, che è un grosso consumatore del nostro prodotto, la Russia è in crescita, seppur non sufficientemente rappresentativa, come gli Stati Uniti: hanno di certo un ottimo volume d’acquisto, ma considerata la loro superficie possiamo dire che non sia così capillare la distribuzione del cioccolato italiano rispetto ad altre Nazioni fatta eccezione per un marchio come Ferrero, che si trova davvero ovunque. Al contrario, Emirati Arabi, in particolare Dubai, Abu Dhabi, Doha, il Kuwait stesso sono Paesi in cui si trovano molto le nostre produzioni.
Oggi quante sono le eccellenti piccole medie cioccolaterie italiane e dove sono dislocate, nel Belpaese?
Le cioccolaterie eccellenti che abbiamo censito sono 36, e per eccellenti intendiamo quelle degne di nota, di pubblicazione. Di cioccolaterie che si possono definire tali ce ne sono 78-79. Aziende che lavorano il cioccolato e che sono gelateria-cioccolateria o pasticceria-cioccolateria (la pasticceria che si occupa anche della produzione di praline) sono nel numero compreso tra 250-300.
Investire in cioccolateria, dunque. Sì o no?
Assolutamente sì. Quella della cioccolateria può essere una buona alternativa non solo per mettersi in proprio ma anche per essere assunti nel mercato delle cioccolaterie esistenti, senza dimenticare il passaggio necessario di formazione frequentando le scuole esistenti. La qualifica “rende” visto il trend di crescita delle aziende della cioccolateria a cui abbiamo assistito negli ultimi 10 anni. Diventare maestri cioccolatieri “rende” non solo per poter arrivare al traguardo del “mettersi in proprio”, ma anche per poter andare a lavorare come operaio qualificato specializzato con una retribuzione più che dignitosa. E di questi tempi…
Paola PERFETTI